E’ un’intuizione semplice quella che potrebbe dare il via alla svolta che porterà alla morte del virus Sars Cov 2, meglio noto come Covid-19.
La soluzione è italiana e giunge direttamente da quei reparti di terapia intensiva sottoposti a maggior pressione e nei quali è stato necessario un lavoro al limite del possibile da parte di dottori e infermieri. In questa difficile situazione si è deciso di provare una nuova cura, tra le tante usate: si tratta della trasfusione del plasma dei soggetti guariti nei pazienti malati.
Semplice, ma efficace, il plasma iniettato direttamente nelle vene dei malati ha in poco tempo restituito risultati a dir poco incredibili per la gioia dei medici dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova, a cui poi si accoderà il Policlinico San Matteo di Pavia.
I risultati entro 12/48 ore dall’iniezione fanno ben sperare, ma il dato più rilevante è quello sui morti: 0 in queste strutture ospedaliere da quando la terapia ha avuto inzio.
La terapia al plasma potrebbe insomma essere una valida alternativa al vaccino la cui ricerca non ha ancora portato a risultati decisivi e che sarebbe profondamente diverso nel processo di immunizzazione del malato.
Mentre per il plasma infatti si parla di “immuno-modulazione”, cioè di un rafforzamento generale delle difese immunitarie, con il vaccino si tratterebbe di “immunizzazione attiva”. La differenza – come spiega il medico Melania Rizzoli – sta nel fatto che nel primo caso gli anticorpi già prodotti da un altro paziente vengono trasferiti ad un altro che ne ha insufficienza.
Insomma, il miglior vaccino sembra lo abbia prodotto il corpo umano, come sostiene anche il Wall Street Journal tramite una ricerca presentata dalla giornalista scientifica Daniela Hernandez in questo video da noi tradotto in italiano.
L’intervista tradotta ⬇️
Con il vaccino contro il nuovo coronavirus, a distanza di molti mesi, se non di anni, scienziati e medici stanno facendo a gara per trovare la giusta cura. Hanno identificato i test sugli anticorpi e le terapie del plasma sanguigno come promettenti approcci per mitigare le conseguenze sulla salute e sull’economia legate alla pandemia. Queste tecnologie potrebbero anche aiutarci a conoscere meglio la diffusione del virus.
DR. ANTHONY FAUCI: “Questo trattamento si basa sullo stesso principio in base al quale se si dispone di un anticorpo protettivo, il trasferimento passivo di questo potrebbe fornire non solo una protezione profilattica ma anche un trattamento”.
Quando i pazienti guariscono da un’infezione virale, producono delle proteine che combattono i virus, tali proteine sono conosciute come anticorpi. Questi anticorpi circolano nel sangue e aiutano il corpo a proteggersi da future infezioni. Gli anticorpi sono specifici per l’invasore da combattere per cui sono stati prodotti. Si trovano nel sangue, ciò significa che la persona che era infetta ora ha le difese molecolari idonee a combattere quel virus, un processo noto come immunità.
In teoria i medici potrebbero trasferire questi anticorpi a una persona che è ancora malata, e potrebbero aiutarli a guarire. Questo tipo di terapia è stata provata in passato durante precedenti crisi di salute pubblica.
PROF. ARTURO CASADEVALL: “È stato utilizzato nell’epidemia di influenza del 1980, molti focolai di parotite, poliomielite e morbillo nei primi anni del 20° secolo e continua ad essere usato di recente come nel caso dell’epidemia di SARS del 2003”.
Il trattamento noto come ‘convalescent plasma‘ sta prendendo piede ora perché non ci sono altre alternative approvate per il trattamento di COVID-19.
PROF. ARTURO CASADEVALL: “Questa può essere considerata una valida soluzione e il motivo è che è disponibile oggi”:
La sicurezza e l’efficacia non sono state ancora stabilite negli studi clinici, che di fatto rappresentano il gold standard, ma i test preliminari in Cina hanno mostrato risultati incoraggianti, e a marzo la FDA ha iniziato a consentire ai medici negli Stati Uniti di trattare alcuni pazienti con il plasma di quelli che recentemente sono guariti dal COVID-19.
DR. DAVID L. REICH: “Per i destinatari, stiamo cercando persone che sono state trasferite in ospedale e che stanno dimostrando un aumento della richiesta del fabbisogno di ossigeno, il che ci indica che si trovano sul percorso in discesa”.
Il Mount Sinai a New York è uno del crescente numero di ospedali in tutto il paese che somministranoplasma per trattare i pazienti affetti da COVID-19. I pazienti guariti interessati a donare plasma compilano un sondaggio. Quindi, per conformarsi alle linee guida della FDA, i medici hanno sottoposto questi potenziali donatori a due test: prima un test diagnostico in cui devono assicurarsi che non siano ancora portatori del nuovo coronavirus e poi un test anticorpale per assicurarsi che stiano producendo abbastanza Anticorpi per combattere il virus. Questo secondo test riguarda gli anticorpi presenti nel plasma sanguigno. Gli scienziati del Mount Sinai hanno sviluppato un test anticorpale partendo dal codice genetico del virus. Questo serve come modello per le proteine.
Utilizzando queste istruzioni producono in serie delle copie sintetiche di una proteina che il virus ha sulla sua superficie. Quindi prendono parti speciali con dozzine di minuscoli pozzetti e ricoprono il fondo di ognuno con le proteine sintetiche. Successivamente, inseriscono parte del plasma del donatore in ciascun pozzetto. Se ci sono anticorpi, questi riconoscono la proteina virale e si legano ad essa. Gli scienziati quindi aggiungono un anticorpo aggiuntivo che si illumina quando si lega alla combinazione proteina virale sintetica e anticorpo coronavirus.
Gli scienziati eseguono questo test a diverse concentrazioni fino a quando non smette di illuminarsi. Più campioni riescono a produrre, più anticorpi ha il plasma della persona. Più anticorpi ci sono, migliore è il plasma per la terapia.
Gli scienziati fanno continuamente questo tipo di test nei laboratori, ma per farlo clinicamente devono avvisare i regolatori. Se un potenziale donatore supera supera il test, i medici del Mount Sinai chiedono loro di recarsi al centro ematologico di New York dove possono donare abbastanza plasma da poter essere utilizzato per pazienti.
Dopodiché, ci sono altri due ostacoli prima che il plasma possa essere somministrato ai pazienti: assicurarsi che non siano presenti nel plasma altri virus, come l’epatite o l’HIV, e che i gruppi sanguigni corrispondano. Una donazione può probabilmente trattare due persone in base alle stime preliminari condotte. Finora il Mount Sinai ha curato più di 30 pazienti. La procedura amministrativa, inoltre, richiede la firma dell’FTA.
Come può stabilire se un paziente sta migliorando grazie alla terapia?
DR. DAVID L. REICH: “Beh, in circa 4-5 giorni si spera che si riprendano più rapidamente di altre persone con caratteristiche simili. Abbiamo un team di bio-statistici che stanno iniziando a modellare ciò che accade ai pazienti nella nostra esperienza nel sistema sanitario, come la durata della degenza ospedaliera, la necessità di giorni in terapia intensiva, la necessità di un ventilatore e, naturalmente, la mortalità e la sopravvivenza”.
Il trattamento non è privo di rischi. Le reazioni alle trasfusioni possono includere febbre, reazioni allergichee persino lesioni polmonari e come nel caso dei tamponi che indicano se una persona ha il virus, inoltre, anche i test anticorpali sono scarsi. A lungo termine la speranza è che possano aiutare a mitigare gli effetti economici della pandemia.
Adesso sto parlando con lei dal mio appartamento, mentre lei immagino si trovi a casa sua a Baltimora, questi test possono aiutare i responsabili politici a capire come possiamo tornare a lavorare in sicurezza?
PROF. ARTURO CASEDEVALL: Se sappiamo chi sono gli individui che hanno gli anticorpi e sono guariti, può immaginare che questi stessi individui sono quelli che potrebbero lavorare in modo sicuro. Questo richiederebbe un’enorme sforzo per testare quasi tutti nel paese.
I test sugli anticorpi devono anche essere estremamente accurati e recentemente l’accuratezza di alcuni test sviluppati all’estero è stata messa in discussione. Nonostante le sfide, gli scienziati sono ottimisti sul fatto che la terapia al plasma possa aiutare i pazienti a guarire più velocemente e fornire loro gli indizi su quanto sia realmente mortale il virus.
PROF. ARTURO CASEDEVALL: Non conosciamo il denominatore, non conosciamo il numero di persone che sono state infettate ma che non hanno avuto sintomi, la presenza di anticorpi nel loro sangue identificherà quel sottoinsieme. Devi conoscere quel numero per sapere davvero quanto è letale questa malattia.
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