“Il calcio non è la cosa più importante in questo momento“: quante volte lo avete sentito dire o letto nell’ultimo mese? Come se ci fosse bisogno di precisarlo; come se non lo pensassero anche la maggior parte dei calciatori, dei tifosi e un po’ di dirigenti. Terrorizzati dai conti, questi ultimi, ma incapaci di fare mea culpa a livello gestionale per i debiti accumulati nell’ultimo quinquennio.
Però continua a essere, il calcio, la vetrina migliore quando si tratta di esibire il proprio – spesso non richiesto – punto di vista: sia quello dei populismi traversali del “Vangelo secondo i Matteo” di chi negli ultimi giorni cavalca la causa della riapertura per pescare consensi indiscriminati nell’uditorio degli appassionati, sia quello, tuttora più folto come schieramento, di chi non sa fare altro che ridicolizzare qualsiasi istanza proveniente da un settore che, una volta tanto citiamo i numeri, produce investimenti, ricavi e un gettito fiscale i quali, quantomeno, andrebbero trattati con rispetto per le cifre che generano. Quest’ultimo aspetto lo sta utilizzando con efficacia il fronte dei populisti che cavalcano la necessità di riprendere quantomeno la Serie A; sul fronte opposto prosegue, in modo sempre più sterile e stucchevole, l’atteggiamento di chi non riesce nemmeno più a essere “decentemente” snob, al punto tale da risultare non più radical chic ma “radical kitsch”, come quelli che alzano il mignolo mentre sorseggiano il caffè, pensando di apparire eleganti.
In questi discorso non rientrano, ci preme precisarlo, tutti quelli che hanno maturato un punto di vista autentico, favorevole o sfavorevole che sia, a cominciare dai nostri lettori. Questione non prioritaria, dunque; al tempo stesso vasetto di miele prelibato per polemisti e procacciatori di ribalte d’ogni risma, questo calcio che continua a vivere ore di dubbi e pessimismi variegati, sballottato dalle indecisioni e dagli atteggiamenti ondivaghi di un ministro che nelle ore dispari sembra voler ascoltare i dirigenti e la federazione, in quelle pari prende le distanze con aria di sufficienza, spesso prendendo a pretesto gli interessi degli altri sport e delle altre federazioni. Peraltro, il Ministro Spadafora quando fa questo discorso è come se dicesse che le automobili devono avere il serbatoio pieno ma al tempo stesso prendesse le distanze dai benzinai. Eh già, perché il carburante economico per lo sport italiano arriva soprattutto attraverso il calcio, è imbarazzante persino doverlo ribadire.
Tra poco più di ventiquattr’ore ne sapremo di più, anche se forse in modo non ancora definitivo; comunque vada a finire però tra qualche tempo bisognerebbe ricordarsi che in tutta questa vicenda i punti di vista espressi con purezza e obiettività sono stati quelli dei tifosi, che hanno evidenziato disponibilità al sacrificio e all’accantonamento delle più accese rivalità, in primis; poi dei calciatori che hanno fatto una figura molto decorosa, ragionando da cittadini, seppur molto privilegiati; infine di alcuni dirigenti illuminati, seppur molto preoccupati. Politici e opinionisti vari si sono esposti, invece, cercando nella maggior parte dei casi di cavalcare gli umori del momento e cercare una claque, elettorale e non.
Paolo Marcacci