La guerra del protocollo. Il calcio all’epoca del Coronavirus sta affrontando ostacoli che, al momento, sembrano insormontabili. I tempi stringono e le parti coinvolte sembrano davvero lontane. Ciononostante non bisogna nemmeno escludere colpi di scena improvvisi.
La ripresa degli allenamenti collettivi, prevista per il 18 maggio, costituisce un primo passo che però non presuppone automaticamente la realizzazione del secondo: la ripresa del campionato. Il protocollo, diventato ormai un tormentone, presenta dei paletti che pongono diverse componenti del panorama calcistico italiano sul piede di guerra.
Una delle categorie certamente più scottata dalla questione in ballo è quella dei medici sportivi. Basti pensare al Dottor Ivo Pulcini, Direttore Sanitario della S.S. Lazio, che senza mezze misure ha definito ‘ridicolo’ il Comitato Tecnico Scientifico. Toni severi utilizzati anche dal Dottor Enrico Castellacci, in qualità di Presidente dell’Associazione Medici Calcio. Il dottore della Nazionale azzurra del 2006 infatti non ha nascosto la volontà, da parte della stesso organo di categoria, di percorrere eventuali vie legali in seguito alla consultazione del tanto discusso protocollo. Documento, tra l’altro, già modificato dalla FIGC su ordine del Comitato Tecnico Scientifico.
Proprio il Dott. Castellacci è intervenuto telefonicamente nel consueto appuntamento con ‘Radio Radio Lo Sport’. In studio Ilario e Francesco Di Giovambattista con Stefano Raucci.
“Se per la Federazione è tutto ok, vuol dire aver bypassato il problema. In realtà il senso di responsabilità che deve ricadere tutto sul medico del calcio non ha sfiorato minimamente la Federcalcio. Intanto chiariamolo una volta per tutte in maniera molto netta e precisa. Non ha alcun senso logico la proposta che ha fatto il Ministro Spadafora. Non è possibile pensare che il medico sociale sia l’unico responsabile di tutto. I medici non vogliono minimamente sottrarsi alle proprie responsabilità, ma le responsabilità che hanno i medici son quelle che hanno sempre avuto nell’ambito sanitario. Non riesco a capire come si possa pensare che siano gli unici responsabili. Voglio fare un esempio. Se mancano i tamponi, il medico quindi non può farli, il responsabile è il medico perché non ha fatto i tamponi. Se un giocatore, fisioterapista, magazziniere quando c’è il ritiro scappa fuori e poi ritorna il responsabile è il medico perché non ha controllato. Poi non era stato detto che il giocatore è un lavoratore e il club è il datore di lavoro? Addirittura sottoposto alle tabelle INAIL perché il Covid-19 è un infortunio sul lavoro. Ma non è stato detto questo? Allora ci sono delle responsabilità civili e penali che riguardano anche i club.
Io ho messo in mezzo anche il mio ufficio legale ovviamente. L’Associazione Medici del Calcio ha proposto un tema che è quello dell’assunzione responsabile e condivisa del rischio. Il fatto stesso che la Federcalcio abbia accettato e rimandato indietro una cosa del genere non sta né il cielo né in terra. Più della metà dei medici della Serie B mi hanno mandato le dimissioni in bianco e per mail. Non ci si rende conto di quanto sia clamorosa questa situazione? La Federcalcio si rende conto che il medico sociale suo malgrado è venuto al centro dell’attenzione. Ad oggi io non ho ricevuto né una telefonata né una risposta alla mia lettera, che ho cercato cortesemente di mandare all’attenzione del Presidente. Il perché chiedetelo ai diretti responsabili. Chiedetelo al Presidente Gravina, che tra l’altro io stimo molto ed è una persona saggia e razionale. Oggi tutti i medici della C si sono schierati con noi in questa lotta, tutti i medici della Serie B, gran parte della Serie A è su queste posizioni.
Il problema è nato a monte perché si son fatti protocolli, lì per lì rigidi e scientificamente esatti, ma che non potevano essere applicati. E’ inutile fare linee guida che non sono applicabili. Poi in Serie A ci sono problematiche diverse, per esempio rispetto alla B. Perché la maggior parte ha i centri sportivi quindi possono blindare, ma in Serie B tutto questo è già più difficile. I medici della B non possono seguire quelle linee guida che sono state fatte per tutti. Comunque questo tavolo andrà avanti perché andranno fatti protocolli anche per la B e per la C. Hanno diritto di allenarsi anche i giocatori che sono professionisti anche in B e in C e loro non andranno nei ritiri privati e blindati, perché logisticamente ed economicamente c’è un problema. Queste sono cose che si stanno discutendo da un mese non da ieri. Da un mese diciamo le stesse cose, sulla quarantena e discutiamo sulla figura del medico del calcio, non è cambiato niente. E’ stato detto soltanto dal Ministro Spadafora: guardate la responsabilità è del medico. Rimane un fatto; noi abbiamo allertato il nostro ufficio legale. Se ci saranno delle mancanze noi sicuramente saremo presenti come associazione”.
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