Nelle ultime ore il baricentro del dibattito pubblico si è spostato verso il prestito da 6,3 miliardi di euro che il gruppo automobilistico Fiat Chrysler Automobiles (FCA) ha chiesto alla banca Intesa Sanpaolo con garanzie dello Stato. A rendere ancora più infiammabile il contenzioso è la posizione del Gruppo che ha la sua sede legale nei Paesi Bassi e la sua sede fiscale nel Regno Unito.
La polemica politica del momento vede coinvolti i diversi schieramenti divisi tra chi è a favore, contro o ancora incerto. Sull’argomento è sceso in campo anche Raffaele Apetino, responsabile Automotive nazionale Fim-Cisl, intervenuto ai nostri microfoni.
Secondo Apetino il ragionamento è semplice: “la norma è prevista dal decreto Liquidità, quindi come per Fca è valida per tutte le grandi aziende italiane”. Quindi il sindacalista sostiene che si tratterebbe di una “polemica sterile. Anche perché la stessa Fca è figlia di un prestito che l’allora Fiat prese dal Governo americano”.
Apetino sostiene ancora che “invece di guardare la punta delle scarpe, dovremmo iniziamo a guardare un po’ più avanti”. Il riferimento è al futuro che attende il gruppo automobilistico con la fusione tra Fca e i francesi di Psa. “Ci dimentichiamo che in Italia incidono sedici stabilimenti produttivi e ventisei centri di ricerca e sviluppo. Per un totale di 56 mila lavoratori all’interno di una filiera che si troverà in una situazione molto più complessa quando dovrà fare i conti con la transizione verso l’elettrico“.
Le riflessioni del responsabile Automotive nazionale Fim-Cisl, in questa intervista di Luigia Luciani e Stefano Molinari.
“Prestito a Fca? Non ci dimentichiamo dei 56 mila italiani che ci lavorano” ► Apetino (Automotive Fim-Cisl)
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