Elegante, estroso e altruista. Nelle vene di Vincent Candela scorre sangue francese ma soprattutto capitolino. Dal suo arrivo in riva al Tevere nel 1997 non ha mai lasciato con il cuore e la mente Roma. Lo scudetto della stagione 2000-2001 è senz’altro il punto più alto di una ottima carriera condita anche da numerose presenze con la nazionale transalpina, grazie a cui si è aggiudicato un Mondiale ed un campionato d’Europa.
Oggi Vincent è un talentuoso ristoratore ed un vigile osservatore nello staff della nuova agenzia di procure calcistiche aperta dal capitano Francesco Totti. L’ex esterno giallorosso si è raccontato, con una dose naturale di simpatia, ai microfoni di ‘Food Sport’ con Enrico Camelio e Francesco Di Giovambattista.
Una nuova vita in cucina
“Senza dubbio è meglio la vita da calciatore che fare la carbonara. La mia carbonara è fatta benissimo perché ho scelto una scuola giusta. Anche l’anno dello scudetto avevo un ristorante a Roma. Io creo una squadra insieme alla gente, quella è la bellezza del mio ristorante. Ci si sente a casa. La mia carbonara la metterei a centrocampo dove ogni tanto spinge ogni tanto gioca indietro. Come Tommasi così fatichiamo un po’ di più, soprattutto in questo momento”.
“Voglia matta di ripartire”
“In questo periodo non ho inventato nulla di particolare. Da una parte stare a casa è stato bellissimo perché, da una parte, ho ritrovato i miei familiari. Io dico sempre che non facci solo il ristoratore. Lavoro anche con la Roma, lavoro insieme a Francesco e a casa ho poco tempo. Quindi ho ‘conosciuto’ meglio mia moglie, D’altra parte c’è la rabbia per la gente a cui è stata tolta la libertà. Da lì alla riapertura del ristorante non mi sono inventato niente. Certo, c’è stata la sanificazione. Poi io ho la fortuna di avere un casale molto grande quindi lo spazio c’è. Però la gente un po’ ha paura. A livello economico non ho aumentato il prezzo e la gente apprezza questo. Certo è molto difficile perché tutti i giorni in televisione prima parlavano dei morti e adesso parlano dei contagiati, poi parlerà di un’altra cosa. Provo a spiegare alle persone che bisogna tornare alla normalità”.
Il ricordo dell’idolo d’infanzia Platini
“Gioco anche a padel. Ieri ho vinto due partite su due con il capitano, ma questo non diciamolo a nessuno. E’ uno sport fantastico. Da calciatore usavo meglio il destro anche se giocavo a sinistra. Ho fatto pochi goal però quello col Bari è stato uno dei più belli. Ero molto altruista, ognuno deve fare il suo dentro la squadra. Il mio l’ho fatto. Potevo fare un po’ di più però Montella, Totti, Batistuta, Zidane e Djorkaeff erano più bravi a fare goal. Quindi giustamente il passaggio era per loro. Io nel 1982 mi ricordo il Mondiale e il mio idolo da bambino era Platini. Poi, quando la Francia ha perso contro la Germania male male, ho fatto per la prima il tifo per l’Italia”.
Pavel Nedved, l’avversario più “insopportabile”
“Lizarazu non era più forte di me. Magari come difensore difendeva meglio. Io ero un po’ più artista. Tecnicamente dopo Zidane,Totti, Ronaldo e Ronaldinho ci sono io senza fare il presuntuoso francese. Però con la Nazionale francese sapevo che, anche dopo gli anni strepitosi alla Roma con la vittoria dello scudetto, sarei stato in panchina. Quando si vince va bene così. Già all’epoca non era facile trovare un terzino che spingesse avanti e contemporaneamente aiutasse centrocampo e attacco. Poi dietro, a modo mio, comunque davo una mano a Zago, Samuel, Aldair. Adesso secondo me tecnicamente sono un po’ indietro. Il calcio oggi è molto fisico e meno tecnico. Tra gli avversari c’era solo un giocatore non sopportavo tanto ed era Nedved. Ma non solo a me. Un grande giocatore per carità, un pallone d’oro. Però non mollava mai, mai una risata. Magari anche con i giocatori della Lazio capitava una risata o una battuta prima dell’inizio. Nedved sempre sulle sue. Con i compagni andavo d’accordo con tutti. Portavo tutti a casa al mare”.
I gradoni con Zeman il 24 dicembre
“A parte Capello ho avuto qualche problema più o meno con tutti. Perché comunque ero giovane e un po’ sulle mie. Con Zeman sì. Mi ha dato tanto però abbiamo litigato tanto a livello tattico e non solo. Dovevamo fare i gradoni il 24 dicembre. Ad un certo punto voleva mandarmi via. Però dopo sul campo stavamo bene. Con Zeman ho imparato che il lavoro paga. In una grande squadra è la gestione umana la cosa più importante. Non è il 4-4-2 o il 4-3-1-2. La cosa fondamentale è far uscire il meglio dai campioni che hai a disposizione. Quello Capello sapeva farlo come lo sanno fare Zidane, Guardiola e Klopp”.
Capitolo ripresa del calcio italiano
“Finalmente si riparte con il calcio. Io avrei già ricominciato, non dico un mese fa con la mia ignoranza, però non si può bloccare la terza economia del paese. Dal punto di vista globale è importante ripartire. Bisogna convivere con il rischio però non è possibile bloccare il pianeta”.
E il futuro?
“Ho pensato alla possibilità di fare l’allenatore. Far parte di uno staff mi piacerebbe. Perché no, mai dire mai. Comunque è molto impegnativo, magari adesso sento Zeman. Francesco Totti ha creato questa agenzia che si occupa dei giovani con l’obiettivo di arrivare però anche ai grandi campioni.
Con le aperture e le conoscenze farà bene senza dubbio. Faccio parte del suo staff. Svolgiamo anche lavoro di intermediazione con paesi esteri come Francia, Spagna, Turchia tramite allenatori e società che conosciamo”.
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