Il caso Radio Radio, che in 24 ore si vede cancellato e poi ripristinato il proprio canale YouTube, sta alimentando una discussione che ruota intorno alla potenza di fuoco (questa sì) che alcune piattaforme hanno conquistato.
Troppi i casi negli ultimi tempi di censure nei confronti di quei soggetti che hanno cercato uno spazio narrativo lasciato vuoto, consapevolmente o meno, dai media mainstream. A questo quadro digitale sembra mancare infatti una cornice legislativa che stringa le maglie di quelli che il senatore Gianluigi Paragone chiama “Stati paralleli”.
Tema in oggetto: la politica possiede questa “forma mentis” per regolare luoghi, attori e giganti del web? Proprio l’ex pentastellato risponde al quesito posto da Luigia Luciani e Stefano Molinari.
Questo il parere di Gianluigi Paragone a “Lavori in Corso”.
Piattaforme diventate Stati paralleli
“Se tu affidi a delle piattaforme la possibilità di alzare e abbassare il passaggio a livello come a loro piace di più, accade a voi come potrebbe accadere a chiunque si permette di fare una narrazione diversa. C’è un problema di tenuta delle regole del gioco.
Però vedete anche come una densità di reazioni è talmente forte che poi sono costretti almeno a prendere conoscenza. La tenuta delle regole è la messa a fuoco di questi soggetti. E’ una sfida tra Stato e meta-Stato. Queste piattaforme sono diventati degli Stati paralleli senza una carta fondante dei diritti e dei doveri. Siamo ad una modernità che sa tanto di feudalesimo 2.0.
Il Parlamento non ha una struttura culturale per capire questi eventi. Pensate che ancora oggi, dal punto di vista del diritto, il giornale online non è ancora normato in una maniera definitiva. Pensate come siamo indietro”.
Ma i 5 Stelle non erano nati sul web?
“Non è che se uno è bagnino e sa nuotare è proprietario del mare. Un conto è sfruttare le potenzialità di un mezzo, un altro è scrivere il codice del mare. Io posso essere anche medaglia olimpica nella maratona del mare, ma non ne sono il proprietario.
Allo stesso modo non basta essere nati digitali. Infatti vedi bene che adesso sono loro stessi ad aver paura del web. E’ un tema di regole e secondo me l‘Europa non avrà interesse ad una messa a fuoco e ad una disciplina vera. Perché l’Europa si avvale della predicazione mainstream. In questa assenza di regole, in questa anomia, vince chi è più forte”.
Urge una riforma, ma il Parlamento è svuotato
“Pensate alle tutte le volte in cui spengono una voce che dà fastidio. Non è che puoi dire che è colpa dell’algoritmo. A me non sta più bene. Dietro i soldi non è che li prende l’algoritmo. Non è che il padrone è l’algoritmo. L’algoritmo è lo strumento al servizio del padrone.
Secondo me si dovrebbe costruire una riforma della materia. Ma purtroppo il Parlamento, che già è svuotato di suo, non avrà mai la possibilità e lo spazio per dibattere del tema”.
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