Ho già altre volte sostenuto che Giuseppe Conte, politicamente parlando, è un personaggio tratto dalla letteratura italiana: ricorda ora “Uno, nessuno, centomila” di Pirandello, ora “Il Visconte dimezzato” di Calvino. Un’apparenza indistinguibile dall’essenza, doppiezza politica che finisce per risultare caricaturale.
Per il Vis-Conte dimezzato giallofucsia poco cambia dall’essere l’avvocato del popolo in toga gialloverde prima, e avvocato dei mercati in toga giallofucsia poi.
Poco cambia tuonare contro il Mes, e in seguito definire lo stesso Mes “praticabile se a certe condizioni”.
Vi è un altro personaggio della letteratura italiana che può aiutarci a fare chiarezza sul nostro Vis-Conte dimezzato, ed è Don Circostanza di Fontamara, il capolavoro di Ignazio Silone.
Quando gli abitanti di Fontamara vengono privati dell’acqua con uno spregevole raggiro burocratico, si offre allora Don Circostanza come loro avvocato difensore.
In particolare egli si propone mediatore di un accordo che prevede che “tre quarti scorrano nel nuovo letto del fiume, mentre i tre quarti del rimanente nel vecchio, cosicché ognuno abbia tre quarti“.
“Giustizia è stata fatta”, pensano i poveri popolani di Fontamara, ignari di essere stati nuovamente raggirati da chi si diceva loro difensore.
Nel seguito del romanzo, di fronte alla sfrontata pretesa dell’impresario di avere in usufrutto l’acqua per ben 50 anni, “l’avvocato suggerisce” dice Silone “di ridurre il termine a soli 10 lustri“.
In tal modo convince i “cafoni”, come Silone appella i semplici del Paese, di aver ancora una volta ottenuto un risultato loro favorevole.
Il nostro Don Circostanza in abito giallofucsia non opera diversamente sul piano politico.
Quando il popolo protesta dacché non vuole il cappio del Mes, Don Circostanza lo rassicura: spiega che non si farà il Mes, ma il Mes light prima, e il Recovery Fund dopo.
Mutato il nome (ed è tutto secondario per i “cafoni”, così veniamo trattati quotidianamente) immutata resta la sostanza.
Come nelle pagine di Silone, anche nella realtà Don Circostanza finge di fare gli interessi del popolo. La sua abilità avvocatizia muta il bianco in nero e i “cafoni” che bonariamente credono alle sue solenni parole, pensano di avere in lui il fidato paladino dei loro interessi non immaginando che, invece, agisce come il loro peggior nemico.
“Da temersi più di tutti“, dice Platone, “è chi appare giusto senza esserlo“.
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