Prima la crisi dei debiti sovrani, poi la crisi immigrazione, infine la crisi sanitaria. In meno di dieci anni l‘Europa è stata travolta da drammi di varia natura, accomunati però da un fattore comune: l’Unione comunitaria e monetaria. Tanto da mettere in discussione nel corso degli ultimi anni la sua stessa essenza.
E’ vero, l’Unione europea è sempre riuscita, in un modo o nell’altro, a restare in piedi e a non sgretolarsi di fronte ai Pil degli Stati membri in recessione e al debito in esplosione. E’ sempre riuscita a sopravvivere, purtroppo mai a ripartire. Ad una crisi che tramontava ce n’era un’altra pronta a sorgere.
Fino ad oggi, dove l’emergenza sanitaria ha preso il posto della stagnazione dei Paesi membri, come l’Italia. Una crisi economica pronta a subentrare nuovamente in una sorta di circolo vizioso dal quale non si riesce a trovare una via virtuosa.
I motivi di queste continue e diverse problematiche, ma forse tutte uguali, li ha provati a rintracciare l’esperto economico della Lega Alberto Bagnai, intervenendo durante la presentazione del nuovo libro di Luciano Barra Caracciolo (giurista).
“Il problema delle regole fiscali europee è che sono rigide e non flessibili. Le regole fiscali europee sono cambiate tre volte negli ultimi vent’anni in virtù dei rapporti di forza prevalenti. La Germania ha allentato il patto di stabilità quando le faceva comodo e lo ha irrigidito quando le faceva comodo. Tanto per essere chiari: la regole del 3% l’Italia l’ha rispettata, la Francia no.
Noi abbiamo sospeso le regole fiscali fino alla fine della crisi. Ma quando sarà la fine della crisi non lo sa nessuno. Non si sa quando sarà finita la crisi sanitaria, forse il giorno in cui saremo immortali. Quel giorno non avremo una crisi sanitaria, ma avremo una crisi pensionistica. Non si può avere una crisi, d’accordo? Dal mio punto di vista la crisi finirà quando l’Italia tornerà al Pil del 2007. E da quello che sappiamo torneremo al Pil del 2007 quando saremo nel 2050.
Quando vi parlano di riforme, vi parlano di pagarvi di meno. Se voi leggete i working papers della Bce e vedete la definizione di riforme strutturali è tutta roba che va a finire dove uno viene pagato di meno e deve dire anche grazie.
Purtroppo la cabina di comando alla fine è sempre la stessa. Io sono sempre stato all’opposizione, anche quando ero al Governo. Infatti avevo un ministro dell’Economia che dice viva Mes. C’è un enorme problema di egemonia culturale. Non credo che ci siano però tantissime alternative“.