Ci sono i dati di fatto, due essenzialmente: la Mercedes ricomincia facendo la lepre, ma senza la possibilità di fare gara a sé; il motore Ferrari sui rettilinei ha una mancanza di potenza che lo penalizza anche nei confronti della Mc Laren o della Racing Point. Questo è.
Ci sono poi le varianti, che ci hanno fatto sufficientemente divertire: l’arrembaggio di Verstappen abortito quasi sul nascere col sottofondo del crepitìo del suo cambio in panne; la bagarre per la posizione d’onore che ha coinvolto soprattutto lo sfortunato Alexander Albon (anche colpevole per il contatto con Hamilton) e l’arrembante Sergio Perez con la sorprendente Racing Point.
Tanta safety car, vale a dire tante ripartenze che hanno apparecchiato duelli e staccate, consentendo la caccia finale di Charles Leclerc al terzo posto, con l’exploit finale del giro veloce a sei tornate dalla fine. Tanto merito del manico, nella fattispecie, perché i cavalli, come detto, non ci sono ancora.
Bello il testa a testa finale in casa McLaren: se le sono date di santa ragione e con sostanziale correttezza Norris e Sainz, quest’ultimo ormai ferrarista nell’immaginario popolare.
Finale thrilling con la penalizzazione di Hamilton: secondo Leclerc, che ha dato al motore, a livello di settaggio, ciò che il motore non aveva e terzo Norris, podio strameritato quanto a tigna e lucidità.
La regolarità di Bottas; la classe di Leclerc; il livellamento della bagarre con la sfortuna che ha puntato soprattutto la scuderia di casa, la Red Bull; infine l’anonimato di Vettel, visto l’ordine di arrivo, però con decoro, perché la carambola che lo ha penalizzato lo ha costretto a reinventare la strategia di gara.
Paolo Marcacci