A colloquio con Ileana Argentin, della quale avevamo già raccolto le istanze durante il lockdown, a proposito della questione della difficoltà delle famiglie dei disabili durante i mesi scorsi. Ora ha intrapreso una nuova battaglia, stavolta chiamando in causa l’amministrazione capitolina.
Sei di nuovo arrabbiata…
– No, sono incazzata nera. Non perché sia matta o per un colpo di calore; lo sono per là troppa negligenza e per i ritardi “geologici” del Comune di Roma che continua a nascondersi dietro l’alibi del Coronavirus. –
Che intendi, in dettaglio?
– Semplicemente, che continua a non istituire gare d’appalto per i servizi di trasporto cosiddetti “a chiamata”, per le famiglie dei disabili. Gli ascoltatori di Radio Radio devono sapere che non tutte le famiglie romane dispongono di macchine attrezzate o accessibili, quindi letteralmente, molti genitori o fratelli non ce la fanno a “incollarsi” il disabile che hanno in famiglia, per portarli presso i centri riabilitativi. –
Tu cosa rivendichi, in particolare?
– Prima di tutto, che divengano accessibili tutti i mezzi pubblici, come prevede la Norma del DPR 503/89: sono quarant’anni che aspettiamo! Con Veltroni avevamo cominciato ad acquistare mezzi accessibili, poi con i suoi successori…il nulla. Nessuno se n’è più occupato, trascurando anche la manutenzione di quei pochi mezzi che avevamo acquistato. –
Cosa rimproveri, in particolare, all’attuale amministrazione?
– A Virginia rimprovero innanzitutto il fatto che, essendo lei madre, avrebbe dovuto interessarsi di quali siano le difficoltà di un genitore che si vede impossibilitato a dare assistenza al figlio per le cure riabilitative, e cosa provi, quel genitore. Mi chiedo, inoltre, che fine abbia fatto l’Assessore ai Tasporti del Comune di Roma. So soltanto che ora si chiama Pietro Calabrese. –
Con questo caldo e con agosto alle porte, pensi che questa tua campagna e la protesta che hai lanciato riscuota la giusta attenzione, realisticamente?
– Non lo so. Io però non starò mai a guardare, ad agosto come a Natale. Lo devo a tanti ragazzi, alle loro famiglie, a cui continuerò a dare voce, finché avrò fiato. –
Paolo Marcacci