“Contro il razzismo, ma non mi inginocchio” ► Leclerc, il pilota che non cede alla pagliacciata dell’inginocchiamento

Il vero dissenziente è colui che in ogni caso non desiste dal pensare con la propria testa. Colui il quale, quand’anche tutti procedano nella direzione opposta, continua sulla propria via, se convinto con la ragione che essa sia quella giusta.

Quanto abbiamo constatato e celebrato nella ragazza americana che, come ricorderete, ha rifiutato di inginocchiarsi nella nuova forma cultuale di inginocchiamento Black Lives Matter, ed è quanto è avvenuto ieri con il pilota di Formula 1 Charles Leclerc, il quale ha rifiutato di compiere il gesto apice del conformismo di massa dell’inginocchiamento, spiegando che egli è altresì contro ogni forma di razzismo.

Mi paiono sacrosante parole che debbono essere sottoscritte.
Il razzismo è un abominio a cui non va concesso alcuno spazio, un abominio sul piano morale per le sue gerarchie, e sul piano ontologico, perché nega la strutturale unità della razza umana.

Come ho detto il razzismo va combattuto, ma l’inginocchiamento è una volgare pratica cultuale, utile solo a produrre umiliazione e conformismo acefalo nei cittadini della cosmopoli.

In sostanza l’inginocchiamento che ci viene richiesto in nome del motto “Black Lives Matter” poco o nulla ha a che fare con la sacrosanta lotta contro il razzismo.
E’ semmai una pratica di umiliazione delle nuove plebi global-capitalistche che debbano o inginocchiarsi, segnalando così di essere permanentemente umiliate, colpevoli e quindi tali da non essere libere.

In sintesi occorre lottare contro il razzismo, ma non cedere all’inginocchiamento cultuale della religione del capitale che ci vuole costantemente umiliati, in ginocchio, colpevoli.

Su un punto essenziale bisogna essere molto espliciti: il razzismo va combattuto, ma non bisogna confondersi con l’odierno antirazzismo ideologico utilizzato dalla classe dominante come semplice strumento di distrazione d divisione di massa.
La classe dominante opera affinché mai si riproponga il conflitto di classe tra servo e signore, e lo fa creando microconflittualità immanenti all’orizzontalità del conflitto: dividendoci fra bianchi e neri, cristiani e islamici, rossi e neri.

Il nemico non è il nero. Il nemico non è il bianco. Il nemico è lo sfruttatore, bianco o nero che sia, e l’amico è chi accanto a noi soffre, lavora e mira al proprio riscatto ed emancipazione. Bianco o nero che sia.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro


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