Chi, in questa vicenda, è senza peccato, scagli la prima pietra. E non dovrebbe volare alcun sasso. Volano, nel frattempo, titoli, illazioni e retroscena di ogni tipo. Certamente Nicolò Zaniolo qualche errore lo ha commesso; qualche sbaglio figlio dell’età e di una malcelata esaltazione: atteggiamenti in campo; un po’ di arroganza con qualche avversario; un’aria di sufficienza nei confronti dei compagni nel mezzo di qualche azione di gioco; forse anche una esultanza poco digerita dai compagni.
Detto questo, non sembra essere il giocatore della Roma a compiere gli sbagli più grossolani. Più di lui sbaglia, per esempio, una dirigenza che lascia il solo Paulo Fonseca a rispondere sull’argomento, con l’evidente imbarazzo di chi si trova a dover normalizzare la questione in fretta e furia. Ancora di più sbaglia chi rimprovera a Zaniolo di non potersi permettere atteggiamenti degni della star che ancora non è, però al tempo stesso gli riserva titoli e toni che soltanto a una star si riservano.
Va bene lo sfogo di Mancini al termine di una situazione di gioco; va ancora bene che un allenatore scelga il rimprovero di fronte alle telecamere, perché è il suo modo di mettere il gruppo davanti a tutto e tutti, pur conoscendo lo strascico mediatico che questo a Roma comporta; quello che non va affatto bene è che il silenzio del ragazzo diventi un pretesto sia per chi ha realmente accesso ai retroscena dello spogliatoio, sia per chi semplicemente interpreta i silenzi del giocatore, quasi sempre nella maniera più malevola possibile.
In mezzo a tutto questo discorso sta la Roma, intesa come società e come entità sentimentale per un paio di milioni di tifosi. La Roma che non si pronuncia, che lascia il giocatore, in ogni caso un suo patrimonio, esposto a ogni tipo di riflettore. La Roma che lascia dire e scrivere, senza mai puntualizzare su ciò che – pur sempre legittimamente – si dice e si scrive.
Gli unici a non essere colpevoli di nulla sono ancora una volta i tifosi, ai quali nessuno può rimproverare, già in questi giorni, di aver cominciato a dire che, perlomeno nelle premesse, a loro sembra di aver cominciato ad assistere a un film già visto troppe volte. C’è ancora tempo per cambiare il finale, per non farlo sembrare l’ennesima replica.
Paolo Marcacci