Nessun nome, lo impone la legge sulla privacy. E’ questo che di fatto impedisce la divulgazione delle identità dei deputati che hanno ricevuto il bonus Covid di 600 euro, i cosiddetti “furbetti del bonus”. A meno di confessioni pubbliche come nel caso di Anita Pirovano, consigliera comunale di Milano per la lista ‘Milano progressista’.
L’aggettivo irriverente è ormai divenuto un epiteto per gli oltre duemila beneficiari funzionari pubblici che ne hanno fatto richiesta, ma soprattutto per i 5 (secondo altre fonti 3) deputati beneficiari del bonus. Lo consente la legge, è vero, ma non sempre legge ed etica vanno di pari passo, e in tal caso discordano decisamente visti gli stipendi non certo irrisori o soggetti a deturpazioni a causa del Covid.
A un giorno speciale ne abbiamo parlato insieme a Stefano Molinari e Fabio Duranti.
“Questa gente vede le cose a modo suo. E’ così, per loro è così. Se tu chiedi a Bill Gates dei vaccini, che ti deve rispondere? Quello vaccinerebbe pure i sassi. Ha quella visione del mondo. Il problema è ti mettono nelle mani di persone iperricche (quello non sa mettere in fila due righe di codice, figuriamoci mettere le mani addosso alle persone) che hanno una continua voglia di giocare a Risiko, o peggio ancora, al Truman Show. Per loro è normale, è un problema mentale, ma mi preoccupa anche chi glie lo ha consentito, che ha scritto quelle leggi.
Noi ci stiamo stupendo di 5 “malati” sulla falsariga di un cleptomane, cioè di uno che non si fa bastare mai nulla, ma non ci preoccupiamo ad esempio di leggi sbagliate che consentono alle multinazionali di evadere centinaia di miliardi.
Ci meravigliamo di uno scemo che guadagna ventimila euro e ne chiede seicento ma non ci meravigliamo del tizio che ci suona al campanello e ci porta l’elettrodomestico piuttosto che il libro, senza pagare le tasse?
No, lì non ci meravigliamo perché ‘abbiamo risparmiato’“.
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