A quanto pare siamo pronti. Sì, beh, più o meno. Anche perché a casa di chi scrive, campione microscopico ma comunque rappresentativo, mia moglie ha saputo venerdì sera che la scuola dove insegna farà slittare l’apertura al 24; la scuola elementare dove va mio figlio lo ha comunicato ieri verso le 20, sabato sera quindi.
Io ricomincio lunedì, alle medie, come molti sanno. Il sito della scuola dove insegno lettere da dieci anni ci sta letteralmente bombardando di circolari: la mappa delle aule, gli insegnanti addetti alla distribuzione di mascherine, i percorsi per l’entrata, quelli per l’uscita. Ovviamente, nessun genitore in classe, né per i bimbi della prima elementare, né per i ragazzini della prima media (insegno in un istituto comprensivo), contrariamente alle tradizioni.
Si naviga a vista e, come dimostrano i posticipi dell’ultima ora, si vive alla giornata. Con una serie di norme cervellotiche da osservare, come quella della cosiddetta “pluriclasse”. Che vuol dire? Da mio figlio possono stare in aula un massimo di diciannove bambini; essendo in venti, ogni giorno uno a turno dovrà uscire per andare a far parte di una classe – laboratorio. La chat dei genitori, che ho ovviamente affidato a mia moglie, già tuona: – Laboratorio si, ma quale? -, senza sapere se a ottobre si andrà o meno a scuola.
Da me, tra le tante norme e regolamenti quotidiani, due mi colpiscono in modo particolare: il primo è quello delle finestre sempre aperte, in teoria tutto l’anno, indipendentemente dal clima. Per evitare polmoniti. Sic. Non chiedetemi di spiegarla. Il secondo mi lascia perplesso, come voi che leggete, credo: chi ha sintomi di infezioni alle cavità orali deve stare a casa, alunno, insegnante o personale ATA che sia. Cioè, al primo normale mal di gola, raucedine, raffreddore scatta l’assenza obbligatoria. Una “tassa” che io pago regolarmente prima della fine di settembre. Ma quando succederà quest’anno, come diciamo a Roma, che devo fa’?
Abbiamo fatto un videocorso di tre ore abbondanti, con un ingegnere che ci spiegava per filo e per segno le norme su spazi e distanziamenti. Un ingegnere, uno cioè che non entra in un’aula scolastica da trent’anni e che quando al primo ragazzino irrequieto, o addirittura iperattivo, risulterà difficile stare inchiodato al banco, anche per la merenda a ricreazione, o diventerà paonazzo per tutto quel tempo con la mascherina, lui sarà al bar col cappuccino e col giornale da sfogliare.
E se poi in una classe c’è il positivo? Che si fa? In quanti saremo coinvolti? Qui si aspettano aggiornamenti di ora in ora. Intanto domani io comincio, non ho capito del tutto come, con un orario scAglionato (vocali intercambiabili a seconda dello stato d’animo) a seconda della lettera delle varie sezioni. Se avremo ore di buco, noi prof non potremo più sostare in un’aula deputata. Obbligo di caffè al bar. Non sarà un problema della prima settimana. Non so dirvi se ce ne sarà una seconda, in presenza, viste le norme e i dispositivi.
A proposito: l’ingegnere del corso era il sosia di Enzo Jannacci. Quindi domani vado a scuola, per vedere l’effetto che fa. Ah beh, sì beh…
Paolo Marcacci