Milioni di famiglie ridotte in povertà: la gente muore di fame e loro pensano ai bilanci

L’economia capitalistica fa credere che il denaro sia l’unico motore del mondo, eppure già nel secolo scorso Joseph Schumpeter aveva smontato l’idea di accumulazione automatica del capitale, riconoscendo che sia solo dalle crisi e da processi di discontinuità e di disequilibrio che si creano innovazione e sviluppo economico. Non esiste, secondo lui, alcun automatismo. Eppure fa comodo ancora oggi crederlo, salvo poi sorprendersi a ogni crisi imprevista, cioè sempre.

Da alcuni decenni stiamo viaggiando di crisi in crisi e ci raccontano che questa crisi sia imprevista e imprevedibile, qualcosa che viene definita dagli economisti ‘cigno nero’.

Le crisi vengono presentate sempre come eventi improvvisi, di dimensione nazionale, multinazionale, che riguarda tutti i paesi del mondo, di grande impatto e assolutamente imprevista. Sistematicamente poi gli economisti hanno sempre una spiegazione, ma sempre ex post, mai ex ante.

Se uscissimo dal ragionare in termini di crisi e capissimo che in realtà sono cronache di morte annunciata allora capiremmo tutti i limiti dell’economia capitalistica.

Pensare di accumulare il capitale, sistematicamente, moltiplicandolo e sfruttando il lavoro di miliardi di persone è un sistema ingiusto e estremamente fragile. Fragilità che viene scaricata sull’individuo e sulle famiglie.

Si tutelano i bilanci degli Stati, delle confederazioni, ma non ci si preoccupa di fare morire di fame milioni di persone che diventano in povertà assoluta o relativa.

Malvezzi Quotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi


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