Taglio dei parlamentari: così consegneremo l’Italia ai gruppi di potere

Ricordo a tutti che oggi noi cittadini eleggiamo soltanto 232 deputati e 116 senatori, anche perché i restanti 368 deputati e 199 senatori vengono nominati dai partiti in liste proporzionali bloccate dove il cittadino non ha alcuna possibilità di scegliere direttamente il proprio rappresentante.

Ricordo che soltanto Malta, stato di 400.000 abitanti, elegge quasi 70 deputati.

In termini di rappresentanti eletti dal popolo siamo già, in rapporto agli abitanti, quasi gli ultimi al mondo.

Per cui la prima cosa da fare semmai era cambiare una legge elettorale chiaramente incostituzionale, la quale prevede attualmente che soltanto il 37 per cento dei candidati possa essere direttamente scelto dai cittadini.

Giova precisare che il numero dei parlamentari non si determina in ragione di quanti ne abbiano gli altri paesi, che hanno realtà costituzionali, istituzionali, ordinamentali, storiche, morfologiche, logistiche molto diverse dalle nostre e quindi non comparabili. Per essere più pratici uno stato federale ha indubbiamente più necessità di rappresentanza e rappresentatività nei luoghi in cui si concentra il potere, ossia nei singoli stati federati piuttosto che nell’organismo nazionale.

Ed allora quali sono i parametri per decidere il numero congruo, proporzionato e ragionevole dei nostri rappresentanti?

Innanzitutto il parlamentare dovrebbe essere scelto all’interno di territori omogenei, in grado di rappresentare tutte le diversità del Paese, in cui il cittadino dovrebbe avere la possibilità di conoscere direttamente il candidato o acquisire testimonianze dirette circa la qualità del pretendente al seggio.

Per cui i collegi dovrebbero essere tanti e piccoli.

Il candidato dovrebbe conoscere i problemi di quel territorio, e meglio se quei problemi li abbia già affrontati con successo in incarichi pubblici pregressi presso le autonomie locali ovvero nell’ambito privato sempre con evidente capacità ed affidabilità.

Più il collegio diventa grande e maggiormente si dilata e si perde la sfera di conoscenza del candidato, sia con riguardo alla conoscenza diretta delle problematiche sia con la possibilità per lo stesso di farsi conoscere dagli elettori.

Un conto è che vengo candidato ed eletto, da viterbese, per la provincia di Viterbo, terra etrusca e poi papalina con i suoi problemi e le sue prospettive di progresso. Altro è che da viterbese debba esse eletto in un collegio comprendente non soltanto il viterbese, ma anche il frusinate e l’area pontina (Latina) di cui il candidato potrebbe sapere poco o nulla. La Ciociaria, in parte borbonica, o le aree pontine addirittura terre di fondazione. Con problematiche realtà completamente diverse tra loro. È chiaro che in collegi vasti il candidato è sempre meno conosciuto, il più delle volte sconosciuto, ovvero paracadutato da altri territori.

Ecco quando eleggi uno sconosciuto, o sei costretto a farlo, non sei più in una democrazia. Perché c’è qualcuno che ha già scelto per te.

Il rapporto con il candidato dovrebbe essere diretto e fiduciario. E quindi i collegi dovrebbero essere estesi fino al punto che non si perda tale rapporto con il candidato. Di norma quando ci si proietta in un’area omogenea, in termini generali, il rapporto cittadino eletto non dovrebbe mai superare quello di un comune di media grandezza, ovvero del bacino corrispondente. Un rapporto ottimale potrebbe essere quindi, intorno ad 1/50.000.

Quando invece, i rapporti sono sono molto più alti, 1 deputati ogni 300.000 e 1 senatore ogni 600.000 abitanti, come quelli attuali determinati da 232 collegi ad elezione diretta per la camera dei deputati e 116 per il senato chiaramente sono eletti in collegi enormi dove il candidato per il più delle volte è avulso dal territorio e quasi sempre completamente sconosciuto ai più.

Quindi, per farsi votare in collegi così grandi non c’è più un rapporto fiduciario tra rappresentante e rappresentato, bensì un rapporto mediato con il partito che sceglie al posto del popolo i rappresentanti del popolo.

Da rapporto fiduciario con il rappresentante scelto dal popolo, ad un rapporto fideistico (di pura fede) nei confronti di un partito che sceglie l’eletto da mandare in parlamento.

Ma chi è il partito se non un gruppo di potere?

Ma poi, per far eleggere in contesti vasti degli illustri sconosciuti intervengono le lobbies finanziarie a sostenere dispendiose campagne elettorali.

E quindi, lo sconosciuto (al popolo) una volta eletto a chi risponderà al gruppo di potere che lo ha candidato e alla lobbies che ha finanziato la sua campagna elettorale o al popolo?

Ridurre i parlamentari e lasciare una legge elettorale incostituzionale che ne limita la rappresentatività significa consegnare il paese sempre di più ad una oligarchia, che in collegi sempre più estesi e meno rappresentativi del territorio avrà sempre di più gioco facile.

Quanto al risparmio potenziale, sarebbe stato sufficiente dimezzare gli appannaggi complessivi, non sarebbe morto di fame nessuno, e si sarebbe soddisfatta anche la pretesa populista ed in parte demagogica.

Fermo restando che della maggior parte degli attuali sconosciuti, eletti nei modi di cui sopra si potrebbe fare tranquillamente a meno, ciò di cui invece non dovremmo fare a meno è della democrazia.

Ossia del fatto di poter eleggere un numero di rappresentanti veri del popolo, conosciuti dal popolo, eletti con specifica preferenza dal popolo, in numero sufficiente a rappresentare tutti i territori dello stato e quindi nella sintesi parlamentare, a rappresentare degnamente la nazione.

Enrico Michetti


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