Stop alle feste private nei locali, con una “forte raccomandazione” a limitare anche quelle in casa, se partecipano più di sei persone. E’ il succo del nuovo provvedimento legislativo di Giuseppe Conte.
Il nuovo Dpcm fa già discutere prima di rendersi ufficiale: troppe restrizioni per chi teme per la propria attività, nulla di complicato invece secondo Tommaso Labate, giornalista del Corriere della Sera che lancia un messaggio di tranquillità a ‘Lavori in Corso’.
Difficoltà economiche sì, ma fino a un certo punto. Il giornalista suggerisce di discernere chi è critico verso le nuove misure per motivi economici e chi fa della lotta ai Dpcm un cardine ideologico.
Ecco l’intervista di Stefano Molinari e Luigia Luciani.
“Vicini controllori? Non drammatizzerei troppo. Il rischio di fare una delazione rispetto al mancato rispetto delle regole non è certo come la delazione che veniva fatta alla Gestapo negli anni ’40. Tranquillizzerei un po’ il messaggio. Esistono provvedimenti che rendono il fare una festa a casa come passare col rosso al semaforo. Sono cose proibite e le cose proibite comunque sono un pericolo per la salute per gli altri.
Mi chiedi se mi piace? Assolutamente no, ma il punto fondamentale è che si drammatizza il messaggio del pugno dello Stato rispetto a quelle che sono regole molto semplici che vanno sono per la salute collettiva.
Se la voglia di esercitare il proprio diritto di fare una festa a casa deriva dal fatto che non sono arrivati i 600 euro a sostegno delle partite Iva – faccio un esempio – non mi ci trovo tantissimo nel ragionamento.
Se poi tu mi dici: preferisci che le misure del contenimento del contagio siano la chiusura anticipata dei ristornati o evitare che si faccia una festa dentro casa con più persone direi: viva Dio, evitiamo le feste ma teniamo il più possibile i ristoranti aperti così’ andiamo incontro alle esigenze economiche su cui si fonda il nostro vivere. La festa la facciamo tra due mesi“.
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