Oggi il mondo, ma in particolare la mia Napoli, si è svegliata con un nodo in gola e le lacrime agli occhi per la morte di Diego Armando Maradona.
Non sono un tifoso di calcio e non lo sono mai stato: forse conosco più le colpe del Maradona uomo che le gesta del Maradona calciatore, e da napoletano vi posso dire che al di là di quello che vogliono farci credere i moralisti ad orologeria, il segno indelebile che Maradona lascia al mondo e a Napoli dipende da quello che le sue prodezze e la sua umanità hanno rappresentato al di fuori del rettangolo di gioco.
Chi vede Maradona come un grande sportivo ma un cattivo esempio è troppo piccolo per percepirne la grandezza o troppo ipocrita per poter sostenere il contrario.
Maradona ha rappresentato il simbolo del riscatto dei sud del mondo. Quei sud che lui ha rappresentato in ogni longitudine dal Sud America al Sud Italia.
Ha consacrato il suo genio nella partita con gli inglesi nel mondiale 1986. In quegli anni l’Argentina si trovava nel pieno di una devastante crisi economica a causa della giunta militare che aveva governato il Paese. Di contro l’Inghilterra era in quel momento simbolo dell’imperialismo economico dominante.
I due Paesi si scontrarono militarmente nel 1982 per il controllo delle Isole Falkland su cui l’Argentina reclamava la sovranità, che invece restò all’Inghilterra.
Quella sconfitta militare ebbe l’unico merito di contribuire alla fine di un sanguinoso regime, ma la rabbia e le ingiustizie neoimperialiste in Sud America erano più forti che mai. Il popolo argentino era doppiamente vittima dei suoi governanti e degli imperialisti. Quel popolo di cui Maradona era rappresentante e idolo.
Soltanto grazie a lui quel popolo ebbe possibilità di riscatto, sebbene in un campo da calcio.
Molto più che una partita
Siamo al 22 giugno 1986. Il pallone lanciato in direzione di Maradona si impenna andando verso il portiere inglese: lo scontro tra quelle due figure diviene emblematico: l’imperialismo con la sua potenza contro il popolo con la sua genialità.
Il portiere inglese era alto almeno 20 centimetri in più del giocatore argentino figlio di immigrati e proveniente dal più povero dei quartieri.
Maradona sa che non può colpire il pallone per primo, così il colpo di genio: alza il pugno e il pallone finisce in rete.
“La mano di Dio” la chiamerà Maradona. Proprio quella che sembrava essere stata negata al suo martoriato popolo.
Quel gol irregolare è la vendetta calcistica su secoli di oppressione imperialista. Quel pugno rappresenta la lotta di classe, la lotta di liberazione. Il riscatto.
Dopo 4 minuti Maradona segna quello che verrà definito “il gol del secolo”, superando da metà campo avversari che vanno a terra quasi inginocchiandosi, inchinati simbolicamente davanti ai popoli oppressi.
L’Argentina batterà poi in finale la Germania Ovest; quello che militarmente era impossibile accadde su un campo da calco grazie a Maradona: il popolo argentino, il Sud America sono sul tetto del mondo.
Il riscatto di Napoli
Anni dopo Maradona arriva a Napoli, in quel sud da sempre bistrattato dal resto d’Itali che vorrebbe imporgli un complesso d’inferiorità.
Tutto quel che di bello nasce al sud, finisce nelle mani dei ricchi del nord. Tutto quello che al sud viene invidiato, gli viene tolto. Proprio come quel Banco di Napoli che negli anni ’80 rese possibile l’acquisto del Pibe de Oro.
Tante cose vengono invidiate a Napoli, cose che non si possono comprare: il Vesuvio, il clima, il mare.
Maradona è il primo caso di qualcosa che ci invidiano e che si può comprare.
Ma che non si è venduto.
E’ il più grande schiaffo della mia città all’arroganza del potere e dei soldi che l’hanno sempre fatta da padrone.
Maradona dice no a quegli Agnelli che compravano tutto, quelle oligarchie che oltre al calcio avevano in pugno il nostro Paese.
“Agnelli mi chiamava continuamente” confessò Maradona “promettendo cifre pazzesche. Gli risposi che non avrei mai potuto fare quest’affronto ai napoletani perché io mi sentivo uno di loro e non aver mai potuto indossare altra maglia in Italia“.
Anni dopo quegli stessi Agnelli con uno schiocco di dita soffiarono via un altro argentino al Napoli, a testimonianza che la differenza vera la fa l’uomo. Non lo sportivo.
Come sportivo Maradona ha portato gioie immense, ma quando ha gridato al mondo che Napoli non è sporca, ma che è l’Italia a sporcare Napoli, quelle parole non hanno rappresentato uno slogan calcistico.
Erano la rivincita di un meridione che non ha mai trovato voce, per lo meno una voce capace di rimbombare così nel mondo.
L’ultimo insegnamento
Oggi la sua morte per motivi di salute indirettamente legati alla sua sregolatezza sono l’ultimo insegnamento che lascia al mondo, dimostrando che le conseguenze della droga sul fisico e sulla psiche ti rendono mortale anche se sei considerato un dio.
Il 25 novembre 2020 è morta una grande persona che lascia a tutti – sportivi e non – un’eredità preziosa ed un vuoto incolmabile.
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