E adesso? Che altro si potrà dire, per non ammettere che lui è, indiscutibilmente, il più grande? Lui, nemmeno a dirlo, è Lewis Hamilton e stavolta non conta tanto il cosa, perché il settimo titolo mondiale se lo sarebbe preso oggi o la prossima volta: conta il come. Poteva veleggiare, visto anche l’acqua caduta in Turchia, da crocerista di lusso; invece ha disputato un gran premio in crescendo prestazionale di passaggio in passaggio, quasi come se fosse alle prese con un videogame, sullo stesso tracciato sul quale la maggior parte dei colleghi, Verstappen in testa, stava facendo fatica a non confondere l’asfalto con la ghiaia, tra uscite di pista e mancanza di stabilità finanche percorrendo la corsia dei box.
Ora, sette titoli mondiali sono sette titoli mondiali e ogni campione, di ogni disciplina, è esclusivamente figlio del suo tempo, come ogni uomo in generale, del resto. Lui è, conseguentemente, come già aveva dimostrato di essere, il dominatore del suo tempo. A livello simbolico, poi, oggi raggiunge un altro dei grandi di sempre: Michael Schumacher. Qui scattano i dibattiti, trasversali a livello cronologico; o se preferite i sofismi, i confronti fumosi sul fatto se i titoli di Hamilton siano equiparabili, in proporzione, a quelli di Schumi.
Però, se questo è lo spirito del dibattito, noi potremmo alimentarlo all’infinito, domandandoci se tutti i titoli del grande tedesco valgano come le tre corone iridate che ebbe tempo di vincere Ayrton Senna e, a ritroso, se i tre mondiali di quest’ultimo siano degni di competere, per coefficiente di difficoltà, a quelli di Niki Lauda, in un’epoca in cui la meccanica aveva ancora una prevalenza assoluta su un’elettronica quasi inesistente. Con le macchine che erano veri e propri mostri di potenza ma senza alcun appiglio tecnologico per il controllo della trazione e della stabilità. Anzi, scorrendo al contrario la linea del tempo, dovremmo anche dire che le monoposto al tempo di Jim Clark erano veri e propri siluri che non avevano nemmeno gli appigli dell’aerodinamica, visto che l’utilizzo degli alettoni era ancora di là da venire.
Come se ne esce? Secondo noi, semplicemente ammettendo che anche lo sport, come tanti altri ambiti in cui si misura il progresso degli uomini, riflette ciò che il progresso sperimenta e conquista. In particolare, negli sport motoristici, che sono da sempre il banco di prova privilegiato della modernizzazione e della introduzione di nuovo dispositivi, poi regolarmente adottati dalle industrie che producono veicoli per l’uso comune.
Onore, quindi, a un vincitore assoluto e relativo, cioè dominante nel singolo evento, come stamattina e nel tempo lungo, lunghissimo, dell’epoca in cui si trova a competere. Uno che diventa via via più lucido, a volte addirittura preveggente, a livello di strategie, laddove quasi tutti gli altri accusano un difetto di continuità. A cominciare da Valtteri Bottas, attuale compagno di squadra di Hamilton: stessa macchina, risultati molto più altalenanti.
Note a margine, parlando della gara, molto divertente, andata in scena oggi sul tracciato di Istanbul: Stroll perfetto per due terzi, un Sergio Perez da applausi, una Ferrari della quale si sapeva che avrebbe avuto un più che decente passo gara: bravo entrambi, Leclerc e Vettel, ma quest’ultimo oggi davvero leonino nei duelli e nella sistematicità della velocità di punta, meritevole alla fine della terza piazza ottenuta nei metri fondo proprio a dispetto del compagno di scuderia.
Paolo Marcacci