Non riesco a capire perché dovrei rischiare la mia salute per tenere le botteghe aperte

Stiamo assistendo a qualcosa di incredibile. Mentre in Svizzera e Svezia le terapie intensive sono alla saturazione con i medici disperati, dove si chiede in maniera insistente di chiudere le attività produttive, mentre in Germania la Cancelliera Merkel, con meno morti rispetto a quelli che ci sono in Italia e in un paese più popoloso con meno contagi in proporzione, decide di ritornare al lockdown duro nei prossimi giorni, da noi si va tranquillamente avanti con una allegra discussione tra i presidenti di Regione sul fatto di aprire un po’ di più o un po’ di meno.

L’unica cosa che dovremmo fare è richiudere tutto, come abbiamo fatto la prima volta. Perché solo in questa maniera si esce dalla curva viziosa dei contagi, delle terapie intensive e dei morti. Noi ancora non abbiamo capito questo. Non abbiamo capito che così non si abbattono i contagi e non si abbattono gli altri numeri negativi. Si rimane su un plateau, suscettibile di risalire e non di riscendere. Cioè di non uscire mai fuori da questa seconda ondata. Confidando in un vaccino che, quando avrà dispiegato tutti i suoi effetti positivi e se lo farà, non sarà prima dell’estate.

Per quale ragione, veramente, pensiamo di essere il popolo migliore del mondo, quando non c’è un altro sistema se non quello di chiudere le attività produttive? Vorrei anche sapere per quale ragione debbo sacrificare la mia salute, la salute dei miei cari, semplicemente per essere contagiati o ammalati o addirittura peggio e per tenere aperte le botteghe. Francamente questo io non riesco a comprenderlo. Ma in nessuna maniera riesco a comprenderlo.

Nei paesi seri infatti, dove c’è una democrazia seria e dove il federalismo è inteso in maniera seria, avete sentito un Presidente di Lander tedesco protestare? Avete sentito per caso un governatore dell’Alta Savoia dire: no, vogliamo tenere gli impianti sciistici aperti? No, perché si capisce che c’è un bene superiore. Ma non c’è niente da fare. Noi siamo questo: l’Italia delle torri, dei campanili, dei comuni, degli interessi privati e personali, di quello che dice una cosa e il giorno dopo ne dice un’altra. Gli stessi presidenti di Regione che hanno detto: ‘E’ ora di chiudere’ – adesso ci dicono che è ora di aprire. Quando invece è chiaro che, in caso di pandemia, la parola deve essere una sola: quella dello Stato centrale.

Stiamo facendo una serie di errori. Non usciremo da questa ondata, se non torniamo a fare quello che si doveva fare con serietà. Impedire i  contatti: è l’unico sistema che conosciamo per impedire al virus di propagarsi in maniera efficiente in cui lo sta facendo. Poi ci possiamo dividere su tutto il resto, ma su questo no. Perché non c’è nessun paese al mondo in cui si riesca ad uscire fuori da questa roba senza chiudersi. Non ce n’è nemmeno uno.

GeoMario, cose di questo mondo – Con Mario Tozzi