Nel ‘700 gli inglesi andarono in Australia e scoprirono che non tutti i cigni, come loro pensavano, erano bianchi. Scoprirono che esistono anche i cigni neri, the black swan. Da lì la teoria del cigno nero, dell’evento imprevedibile, che oggi si applica nell’economia per spiegare il concetto della crisi economica da Covid.
“Che possiamo fare – vi raccontano – non lo avevamo previsto”. Io dico che la sola differenza tra l’economia e l’astrologia è che la seconda non può essere confutata a causa delle ipotesi ausiliarie che entrano in gioco. Questo è alla base della demarcazione tra scienza e assurdità, il cosiddetto problema della demarcazione.
Autorevoli esponenti dell’economia del secolo scorso giungono a conclusioni non dissimili. Io credo che questo sia lo spirito degli scienziati, di conseguenza affermo che nell’economia umanistica ci debba essere spazio per ogni tipo di pensiero etico, anche religioso. Per il semplice fatto che io sono certo di non avere la verità in tasca e allora ascolto quella degli altri.
Dire che l’economia non può dibattere di questioni etiche perché è una scienza esatta è una balla. Si tratta di infamanti fandonie. È esattamente l’opposto nella mia visione di economia umanistica, perché le scelte economiche impattano sempre sulla distribuzione della ricchezza sociale e dunque hanno sempre un impatto etico.
Dobbiamo andare oltre l’efficiente o non efficiente dell’economia capitalistica e introdurre un’altra chiave di lettura: giustizia o ingiustizia.
Il sistema capitalistico è profondamente sbagliato. In Italia ha creato cittadini di serie A e cittadini di serie B, quelli che non patiscono la fame per il Covid e quelli che la patiscono. Ecco perché dobbiamo distruggerlo: non è un problema di efficienza, è un problema di giustizia.
Malvezzi Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi