Sanremo? Facciamolo. Ma i soldi del canone li diamo agli artisti e colleghi di comparto che non hanno visto un centesimo.
Questa la proposta-provocazione del giornalista cattolico Maurizio Scandurra, che avendo collaborato con l’emittente pubblica e conoscendo l’Ariston esorta a non “abboccare” riguardo il tentativo di far passare il più celebre palcoscenico della musica italiana per uno studio televisivo come stratagemma per accogliere il pubblico in platea e “ammorbidire” le norme anti-Covid.
“E’ la classica questione all’italiana“, dice in diretta con Francesco Vergovich, “una farsa alla Totò e Peppino“: mentre si ipotizza anche un terzo scenario, cioè quello di tenere il Festival altrove, il mondo dell’arte che non viene presentato in prima serata arranca senza le attenzioni di nessuno. E per di più diviene “il comparto più penalizzato dal decreto Cura Italia“, secondo Scandurra.
Da qui la provocazione che potrebbe essere più di un’idea, visti gli ingenti ricavi della Rai dal Festival: “Diamo i 3 miliardi e mezzo di canone obbligatorio a chi del settore non ha visto un ca**o!“
Dopotutto non sarebbe la massima espressione di servizio pubblico?
Ecco l’intervento di Scandurra a ‘Un Giorno Speciale’.