“Covid, scatta obbligo tampone per entrare e uscire da Merano“, così leggiamo su Ansa.it.
L’esempio di Merano in Alto Adige è solo l’ultima escogitazione di un sistema di sorveglianza biopolitica destinato a diventare totale e, di più, totalitario.
In nome del paradigma biosecuritario che ci chiede di rinunziare a sempre nuove quote di libertà per avere in cambio la sicurezza della nostra vita, stiamo procedendo speditamente e senza alcuna forma di protesta – che pure sarebbe indispensabile – verso un disumano modello di dispotismo che è insieme tecnico, scientifico e medico.
Si tratta peraltro di un dispotismo che si rivela sempre più palesemente tale nella misura in cui pretende di amministrare (come già sta facendo) senza riserve o zone franche, la mera vita.
La stessa società autoproclamata “aperta” che fino a ieri celebrava il mondo borderless e la libera circolazione deregolamentata delle merci e delle persone mercificate, ora si chiude dietro la forma specificamente medico-scientifica del muro: il cordone sanitario, la barriera dei tamponi. Entra solo chi può dimostrare con tampone di “essere puro”. Dialetticamente la open-society di Popper si rovescia in società del lockdown e dei muri terapeutici.
Ovviamente, e come sempre, chi osasse dissentire rispetto a questo paradigma neototalitario non sarebbe trattato e considerato come un partigiano della libertà e della democrazia (nel frattempo requisite dal sistema tecno-repressivo ovunque dilagante), al contrario, proprio grazie al trionfo del paradigma medico-scientifico, verrebbe svilito e diffamato con la più oscena delle categorie politiche della nostra galassia presente: quella del negazionismo.
Una categoria mediante la quale – lo sappiamo – si trasforma automaticamente il dissenziente in un intoccabile, da trattare con le stesse modalità con cui si trattano gli untori.
La pratica del dialogo viene in tal maniera sostituita con quella della ostracizzazione immediata. Non deve infatti sfuggire che nell’ordine del discorso oggi imperante non esistono mai dissidenti che si battono per la libertà soppressa: esistono sempre e solo miserrimi negazionisti che, nemici giurati della scienza sacralizzata, rappresentano con la loro irresponsabile condotta un pericolo per la salute pubblica.
Come disse disinvoltamente un noto medico millimetricamente allineato con il terapeuticamente corretto, “la disinformazione uccide quanto il virus“. La conseguenza di questo teorema, non esplicitata perché autoevidente, è che il dissidente, in quanto diffusore di disinformazione, deve essere messo nelle condizioni di non poter parlare, dacché ne va della salute pubblica.
Per questo, non mi stancherò di dirlo, il primo gesto da compiere è con tutta evidenza quello di un recupero di uno spazio sovrano della critica, o più precisamente di una critica che sappia dirigersi sagittalmente contro l’ordine del discorso terapeuticamente corretto che sappia smascherare la portata politica di una visione del mondo che si camuffa dietro il lessico sacralizzato della medicina e della scienza per portare avanti – in realtà – un progetto di ristrutturazione integrale della società, dell’economia, della politica e della nostra vita.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro