Nella tragedia generale legata al nuovo ordine terapeutico, si segnala se non altro una notizia positiva: in tutta Italia, stanno esplodendo vere e proprie forme di contestazione organizzata contro la barbarie digitale della cosiddetta Dad, gelido acronimo che sta per didattica a distanza. Da Milano a Roma, da Torino a Napoli, l’Italia tutta si sta finalmente sollevando per reclamare a gran voce il diritto all’istruzione e alla didattica in presenza.
Già questo, naturalmente, dovrebbe essere accolto come un fatto intrinsecamente positivo. E lo è ancora di più, se si considera che i protagonisti delle proteste sono, in prima linea, i giovani, gli studenti, le vittime designate di questa nuova barbarie che viene presentata come necessità sistemica imposta dalla situazione emergenziale e che, invero, risponde a una precisa logica che da anni si va dispiegando.
Come ho più volte sostenuto, il coronavirus e l’emergenza epidemiologica, quale che sia la loro reale genesi, sono stati da subito messi a frutto dal blocco oligarchico neoliberale per rinsaldare il proprio dominio e permettere appunto ulteriori conquiste nella incessante lotta di classe dall’alto che il gruppo dominante conduce senza trovare risposta dal basso: ancora una volta, la distruzione della scuola è un punto fermo del tableau de bord delle classi dominanti; l’emergenza epidemiologica, con annessa didattica a distanza e scomposizione in pixel dei volti e delle persone, rappresenta una imperdibile occasione per portare a compimento questa preordinata strategia di annientamento della scuola a beneficio dei gruppi dominanti.
La lotta è solo all’inizio, ma già il fatto che sia iniziata rappresenta un buon segnale, che deve essere accolto positivamente: di più, può forse, e solo il tempo ce lo potrà dire, costituire il punto di inizio di una più generale rivolta contro l’infame regime terapeutico, leninianamente da intendersi come fase suprema di un capitalismo che ancora una volta assume un tono autoritario e repressivo. Speriamo davvero che sia la volta buona che il “socialismo” cessi di essere quel che è diventato, cioè presenza sui social, e torni a essere lotta reale per una società meno indegna, più a misura d’uomo.
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro