Italia in lockdown, ma gli eletti di Sanremo vanno in scena come se nulla fosse (e senza mascherine!)

L’esperienza del Festival della canzone italiana di Sanremo costituisce un punto di vista privilegiato per scrutare le contraddizioni della società dello spettacolo. È il luogo in cui la civiltà dello spettacolo con tutta la sua ipocrisia e carica di falsità mette a nudo sé stessa. Esibendosi nel grado massimo della propria falsità ci permette di disvelarne più efficacemente la meccanica di funzionamento e le contraddizioni.

Ieri vi è stata la prima serata: abbiamo assistito a un paradosso lampante. Teatri, cinema, luoghi dello spettacolo e della cultura chiusi ormai da un anno, ma il Festival di Sanremo si è potuto svolgere come se nulla fosse. Il pubblico non poteva essere presente, ma si è comunque svolto. Come a sottolineare che certi ambienti dei ceti vincenti della globalizzazione non sono toccati dalla riorganizzazione legata all’emergenza epidemiologica.

Durante l’esibizione nessuno portava la mascherina, soltanto coloro i quali operavano nell’orchestra, o gli inservienti, o coloro i quali svolgevano una funzione ancillare. I protagonisti ne erano esentati.

Nelle feste patrizie gli unici a portare la mascherina sono sempre camerieri e maggiordomi, non certo i lussuosi protagonisti.

Mentre l’Italia è chiusa in lockdown, loro possono placidamente svolgere il Festival della canzone italiana.

Ironia della sorte, anche la Liguria è divenuta all’improvviso zona gialla. Come se il virus si fosse coordinato per rendere possibile lo svolgimento del Festival.

Non si trattava di impedire il Festival, semmai renderlo possibile e al tempo stesso riaprire tutte le attività culturali. Invece no, perché loro appartengono a un mondo superiore, di eletti che stanno al di sopra di tutto e di tutti.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro