Così leggiamo su “Il Messaggero” in data 4 aprile 2021: “Covid, a Tokyo trovata la nuova variante “Eek” resistente ai vaccini: «Presa dal 70% dei pazienti»”. Due ordini di considerazioni sono necessarie a commento di questa notizia. In primo luogo, una nuova variante esotica, anche in questo caso nipponica. Come già altra volta dissi, il 2021 è l’anno delle varianti del coronavirus: ciascuna delle quali presenta prerogative sue proprie e, soprattutto, puntualmente richiede misure stringenti che non di rado culminano nel lockdown o confinamento domiciliare coatto che dir si voglia.
Assai spesso le varianti si caratterizzano per l’alta contagiosità, come nel caso paradigmatico di quella inglese. Ciò rende possibile un improvviso inasprirsi delle misure volte a raffreddare – dicono – la curva epidemiologica, in ragione del fatto che la novità introdotta da ciascuna variante richiede un approccio massimamente prudenziale e tale ogni volta da vanificare o comunque da ridimensionare ampiamente gli sforzi fino a quel momento fatti per tenere a freno i contagi. Come a dire che se il 2020 è stato l’anno che ha scombussolato per intero le nostre esistenze, il 2021 è l’anno delle varianti caleidoscopicamente plurali del virus.
Il secondo aspetto sul quale desidero portare l’attenzione riguarda, poi, il fatto che la nuova variante nipponica, stando a quel che sottolinea “Il Messaggero”, risulterebbe resistente ai vaccini. Se davvero le cose stessero in questi termini, ne seguirebbe un aspetto a tratti paradossale: mentre l’Europa tutta si sta affaticando senza posa per vaccinare senza esclusioni la sua popolazione, ecco che già fa la sua epifania una variante del coronavirus che resiste ai vaccini.
Non pare fuori luogo la considerazione di chi prevede che, alla luce degli sviluppi e delle varianti, si potrà andare incontro a una situazione tale da prevedere un richiamo vaccinale addirittura annuale, come a dire che ogni anno dovrete fare un richiamo vaccinale, dacché molteplici sono le varianti comparse. Bisognerebbe fare quello che in ambito tecnologico si chiama “upgrade”.
Se così dovesse essere, le case farmaceutiche potrebbero alzare i calici, ancora una volta. Per parte loro, i cittadini si troverebbero indubbiamente catturati in un nuovo ordine biopolitico tale da sottoporli per molti anni, se non perpetuamente, a un regime onnipervasivo di controllo sopra e sotto la pelle, con tanto di passaporti vaccinali, tamponi effettuati più volte alla settimana e magari vaccinazioni che si ripetono con cadenza regolare in ragione della comparsa di sempre nuove varianti del virus.
Staremo a vedere che cosa accadrà, quello che ho tracciato è uno scenario possibile, si badi; non vi è nulla di dogmaticamente già disegnato. Si tratta di scenari che discutiamo con la forza del logos, della ragion critica, e sempre a distanza di sicurezza da ogni dogmatismo e da ogni fideistica certezza.
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