Dove andrà il calcio? Questo il dilemma che tutti si pongono dopo l’annuncio ufficiale della SuperLeague. La neonata competizione, sottoscritta al momento da 12 squadre con a capo il Real Madrid di Perez, ha di fatto provocato uno scisma nello sport più idolatrato e seguito del pianeta.
Scontro totale tra le parti chiamate in causa. Per tutta risposta l’Uefa ha comunicato, in queste ore, i dettagli del futuro format della Champions League con ulteriore ampliamento delle partecipanti fino a un massimo di 36. Questo, a quanto pare, è solo l’inizio di una diatriba che promette scintille.
Sul tema si è espresso in diretta il vice direttore della Gazzetta dello Sport Andrea Di Caro
“Sposo l’intervento sia di Focolari che di Jacobelli. Chi legge la Gazzetta dello sport sa che su questo tema ci siamo esposti da quando si è iniziato a parlare di Superlega. Abbiamo osteggiato il progetto fin dal principio, per le stesse ragioni che spiegava Xavier. E’ un discorso che toglie ogni meritocrazia alla competizione. Ci sono 15-12 club che poi dovrebbero diventare quelli che partecipano per grazia ricevuta, o per blasone, importanza e numero di tifosi. Loro si spartiscono la torta, vorrebbero fare questo continuando però anche a partecipare al campionato nazionale.
Questo sarebbe la fine dei campionati nazionali. Perché intanto ci sarebbe una differenza di ricavi tale da creare una forbice ancora più enorme tra grandi e piccole. Poi sarebbe un passaggio per spostare le date. Basterà infatti che i vari broadcaster possano dire: ‘E’ meglio giocare il weekend perché paghiamo di più’ e a quel punto il torneo nazionale verrebbe spostato durante la settimana.
Credo sia il momento allora di alzare un muro invalicabile, come abbiamo scritto oggi, e chi decide di superarlo sa che resta dall’altra parte. Quindi chi aderisce a questa Superlega, creata con un vero e proprio golpe con Andrea Agnelli su tutti mentre era Presidente Eca, uscirà dalle altre competizioni. Io non sono un difensore strenuo di Uefa e Fifa, che ritengo essere a loro volta delle mangiatoie. Da anni. Però non può essere questa la modalità di cambiamento. Questi club, indebitati e mal gestiti, decidono di unirsi in barba non solo ai valori sociali ma anche rispetto al resto del sistema“.