Pareva strano, in effetti, che, dopo Dante, Shakespeare rimanesse illeso rispetto alle offensive sempre più numerose e travolgenti del pensiero unico politicamente corretto. Tra i fondamenti del nuovo ordine mentale v’è anche quello per cui nulla può rimanere estraneo rispetto ad esso. E adesso, infatti, è giunto anche il momento del bardo inglese: quello che fu il suo teatro londinese sta organizzando dei seminari per rileggere criticamente le opere di Shakespeare, epurandone i punti incoerenti, per questioni razziali e di genere, con il nuovo ordine mentale.
“Seminari antirazzisti”: è questo l’orwelliano nome dei seminari organizzati dal “Globe Theatre” di Londra; e ciò con l’obiettivo di “raddrizzare” Shakespeare, geniale finché si vuole, ma comunque succube del pregiudizio razziale e di genere. Si tratterebbe, insomma, secondo i soliti pretoriani del global thinking, di decolonizzare Shakespeare, portandolo all’altezza dei tempi e liberandolo dal pregiudizio. Del resto, Shakespeare osa affermare “o bella Ippolita”, nell’apertura del “Sogno di una notte di mezza estate”, violando le più elementari norme del nuovo ordine erotico post-maschilista; e, altrove, ha l’ardire di affermare che “la bellezza è sempre associata al bianco”, con ciò profanando le regole più elementari del verbo unico fintamente multiculturale.
Aveva davvero ragione Walter Benjamin, allorché asseriva che nemmeno i morti sarebbero stati al sicuro, se il nemico avesse vinto: e, infatti, il nemico vincente sta annichilendo anche gli spiriti magni del passato, da Dante a Shakespeare. Fa tabula rasa e si permette di correggerli e di riscriverli dal proprio punto di vista, conforme con la miserrima temperie che stiamo vivendo. Il paradosso è lampante, facilmente comprensibile anche a un bambino, purché libero dal pregiudizio: su che basi può il presente giudicare e riscrivere il passato? È quello che propongo di qualificare come il colonialismo del tempo presente, che è poi anche il suo provincialismo, ossia il pensare che tutto debba essere conforme al presente stesso.
Non ci stupiremmo se, di questo passo, l’intero canone occidentale venisse sciaguratamente riproposto in forma rivisitata, tarato sulla base delle sensibilità dell’odierna civiltà depressiva del nuovo ordine mentale: nei suoi spazi, ogni pensiero, perfino quello di Dante e di Shakespeare, per poter esistere deve essere approvato dal Ministero della Verità. Quest’ultimo può riscrivere il passato, per renderlo affine al presente: e ciò di modo che i sudditi della nuova civiltà merciforme mai dubitino del fatto che sempre si è vissuto e si è pensato come si vive e si pensa ora. Se non ci liberiamo il prima possibile dalla presa opprimente del pensiero unico, rischiamo davvero di perdere, oltre che il presente, anche il passato e il futuro, colonizzati dal presente compiutamente peccaminoso ed esizialmente ridotti a semplici sue anticipazioni e prosecuzioni.
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro