A ormai quasi un anno e mezzo dall’epifania del Coronavirus, credo sia doveroso ancor più che legittimo domandarsi perché le misure emergenziali continuino a sussistere e, soprattutto, perché si perseveri nell’appellare emergenziale ciò che, a rigore, dovrebbe essere più propriamente definito a tutti gli effetti come nuova normalità.
Ebbene sì, l’emergenza permanente corrisponde alla nuova normalità del capitalismo terapeutico. Del resto, il Governo italiano ha già chiarito che lo stato di emergenza sarà prolungato fino al 31 luglio 2021: ciò significa che ci troviamo nello stato di emergenza esattamente da un anno e mezzo. Vero è che, come più volte ricordato, si tratta di una riorganizzazione complessiva e planetaria del capitalismo, non certo limitata a un singolo Stato nazionale: eppure, non deve nemmeno sfuggire come, ad esempio, la Spagna già abbia posto fine alla emergenza proprio in questi giorni. Forse che il coronavirus preferisce dimorare nelle terre italiche rispetto a quelle iberiche? Perché mai, di grazia, la Spagna può dichiarare finita l’emergenza che l’Italia, per parte sua, vuol far continuare almeno fino al 31 luglio?
A tal riguardo, non deve sfuggire come il coprifuoco, benché il dibattito tra gli esperti sia aperto e con voci anche diametralmente opposte, continui a persistere almeno fino alla metà maggio. Perché, dunque, continuare a infliggere il coprifuoco al popolo italiano, stante il fatto che vi sono esperti, come il dottor Bassetti o come la dottoressa Viola, che hanno apertamente fatto emergere dubbi circa la sua efficacia? Non sfugga, ancora, che l’arcigno infettivologo meneghino Massimo Galli ha tautologicamente detto che il coprifuoco serve a non far circolare le persone la sera: d’accordo, ma cosa serve, a sua volta, non far circolare le persone la sera? Forse che vi sono, ad oggi, evidenze scientifiche che mostrino come il coronavirus prediliga gli orari vespertini a quelli diuturni?
Ancora, perché insistere ossessivamente con il divieto di assembramento, ossia con una norma che è palesemente incostituzionale e che, di più, caratterizza i regimi autoritari più osceni del 900? Tanto più che, come emerso in questi giorni, il divieto di assembramento viene utilizzato come una clava per colpire sempre e solo le manifestazioni non gradite all’ordine dominante: e così, se per gli 8000 all’Arco della Pace a Milano per il DDL Zan o per le migliaia in piazza del Duomo per lo scudetto dell’Inter, non v’era alcun problema legato al divieto di assembramento (e anzi pareva che non esistesse alcuna emergenza epidemiologica), capita poi che, in altri casi, quando si creano assemblee non allineate con lo status quo, esse vengano non di rado sciolte o addirittura aprioricamente negate in nome del divieto di assembramento.
Insomma, lo dico apertamente, senza ambagi e senza perifrasi edulcoranti. Se prima era lecito dubitare, ora non lo è più: ci hanno preso gusto e usano l’emergenza epidemiologica come strumento per toglierci libertà e diritti e per imporre una nuova razionalità politica che, in breve tempo, spazzerà via le principali conquiste proprie della democrazia parlamentare e della Costituzione italiana. Se non si creerà un fronte della pacifica resistenza costituzionale contro il nuovo regime terapeutico, è chiaro che quest’ultimo seguiterà a oltranza e diverrà, come in parte già è, la nuova e irreversibile normalità.
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro