In un’intervista rilasciata a Enzo Biagi su Rai1 nel 1982, Primo Levi, alla domanda su come fossero stati possibili i lager, rispose icasticamente: “Facendo finta di nulla”. Tale risposta permette di integrare la nota tesi di Hannah Arendt circa la “banalità del male”: a rendere possibile l’apparire del male nelle sue forme più radicali non è soltanto la “banalità” con cui i suoi freddi esecutori lo attuano, alla stregua del grigio burocrate Eichmann.
Oltre a ciò, occupano un peso non trascurabile l’indifferenza e la leggerezza dei più: i quali, anziché opporsi e resistere, semplicemente volgono altrove lo sguardo. E, appunto, fanno finta di nulla.
Ciò è valido per quel che concerne la barbarie atroce dei lager, ma poi anche per le pur diverse forme di male a responsabilità umana che affiorano, quasi regolarmente, nella saga della storia umana, banco del macellaio – diceva Hegel – che fa spietatamente a pezzi civiltà e individui.
Parafrasando Primo Levi, possiamo davvero fare finta di nulla dinanzi alla palese riorganizzazione brutale e autoritaria di un potere – lo chiamo capitalismo terapeutico – che, sostenendo di volerci proteggere da un virus, limita fortemente le libertà fondamentali e i diritti previsti dalla Costituzione? Possiamo davvero fare finta di niente dinanzi a soprusi come il TSO inflitto al ragazzo di Fano, reo di non aver voluto calzare la mascherina in classe? O dinanzi a gesti come quello che ha visto sequestrare, nei giorni scorsi, la torteria “ribelle” di Chivasso, colpevole di non essersi piegata alle norme sacralizzate del nuovo ordine terapeutico?
È fresca la notizia secondo cui, ad Aosta, sono stati indagati la deputata Sara Cunial e l’organizzatore della manifestazione conto il regime terapeutico a cui la stessa deputata stava partecipando. A tale notizia si affianca quella in coerenza con la quale sono scattate, nelle ore scorse, perquisizioni in tutta Italia, con ben undici indagati, tra i quali un intellettuale come Marco Gervasoni, per offese via social network al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Qual è – domandiamo – la linea che separa la legittima critica dall’illegittimo vilipendio? Non è forse evidente che siamo al cospetto di un’involuzione autoritaria, che sempre più ci allontana dai parametri basici di quella che, idealiter, dovrebbe essere una democrazia parlamentare?
Sia chiaro, le offese e le minacce sono sempre condannabili, in specie se dirette contro il Presidente della Repubblica. Doverosa è, invece, una domanda: egregio Presidente della Repubblica, con il sentito rispetto dovuto a chi rappresenta al massimo grado il principio dello Stato, le domandiamo, in quanto garante della Costituzione Italiana, se è normale il sequestro di libertà e di diritti che sta avvenendo in Italia da ormai più di un anno in palese violazione dello spirito e della lettera della nostra Costituzione. Non sarà forse che, ancora una volta, “facendo finta di nulla”, si sta verificando ciò che ogni volta ci ripromettiamo che non deve più accadere?
Il nostro è, in fondo, il complesso di Achille. Questi troppo tardivamente piange, insieme con Priamo, al cospetto della salma del troiano Ettore, della cui morte è egli stesso responsabile.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro