L’ho detto e lo ridico, senza tema di smentita: aberrante e pericolosa è l’idea, pur così in auge in questa fase, secondo cui si possono sospendere diritti e libertà fondamentali, previsti dalla Costituzione, per poi restituirli parzialmente previa accettazione di ricatti più o meno aperti da parte del potere. È ciò che sta accadendo in questi giorni ad esempio con ciò che va sotto il nome di “green pass”.
Che si tratti di un metodo di governo autoritario occultato e santificato dal grigio lessico medico-scientifico è un fatto di una chiarezza adamantina, almeno per quanti non siano in lockdown cognitivo permanente e non seguitino a ragionare unicamente con categoria tratte dal lessico medico-scientifico, trascurando l’asimmetrico diagramma dei rapporti di forza e la dimensione sociale, politica ed economica. Il metodo governamentale sta proprio in questo: il potere, in nome dell’emergenza e con la scusa della sicurezza da tutelare, sequestra diritti e libertà; poi promette la loro parziale restituzione chiedendo in cambio, con moduli apertamente ricattatori, l’accettazione dell’inaccettabile, che si chiami green pass o tracciamento digitale. I cittadini, che in condizioni normali respingerebbero senza dubbi l’inaccettabile, alla fine lo sopportano pur di riottenere le libertà oscenamente sequestrate.
Chi non lo capisce, proprio come chi lo accetta di buon grado, è connivente con questo nuovo sciagurato regime terapeutico che ha preso forma su scala planetaria. E che, come più volte ho cercato di evidenziare, corrisponde a una riorganizzazione verticistica del capitalismo globale condotta dalle élites turboliberiste sulla plancia di comando. Ebbene, i sostenitori della legittimità di queste infami pratiche, evidentemente ricattatorie, accampano spesso un argomento, in verità assai debole: come per poter guidare occorre avere la patente, così per poter partecipare alla vita pubblica occorre disporre del green pass.
Ebbene, si tratta di un argomento falso e irricevibile nei suoi stessi presupposti. Non è forse una palese banalizzazione, quella che accosta la vita pubblica, nella sua complessità, alla pratica del condurre l’automobile? Soprattutto, si oblia troppo facilmente il fatto che il diritto di assemblea e quello di spostamento, per citarne soltanto due, sono diritti fondamentali, in Italia riconosciuti dalla Costituzione. Sicché pensare che debbano essere intesi come concessioni, quasi fossero la patente rilasciata dalle strutture competenti, è un grave errore.
La libertà e i diritti sono beni indisponibili, che non possono in alcun caso essere sequestrati e poi rilasciati dietro condizione. La patente non è un diritto fondamentale, salvo errore: e a suffragarlo è, oltretutto, il fatto che molti cittadini, per le ragioni più diverse non ce l’abbiano; si vorrà forse sostenere l’absurdum secondo cui sarebbe del tutto normale che, analogamente, molti cittadini potrebbero non più disporre delle libertà e dei diritti fondamentali, dacché non si sono sottoposti alle nuove disposizioni poste in essere dal potere, peraltro in aperta e conclamata violazione della lettera e dello spirito della Costituzione?
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro