Ricerca bomba cambia le carte in tavola sull’origine del virus: spuntano informazioni sugli esperimenti

Era il 30 aprile 2020 quando il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump lanciò per la prima volta in conferenza stampa l’ipotesi che il coronavirus fosse un virus nato in laboratorio in Cina, quindi non naturale. Ipotesi rilanciata dal Segretario di Stato Mike Pompeo che addirittura rivelò di avere delle prove che avrebbe presto mostrato al mondo. Da quella tesi invece prese subito le distanze il capo della task force Covid Anthony Fauci. Bene, è passato un anno e tutto il mondo comincia ad aprirsi a quella possibilità. Lo stesso Anthony Fauci torna sui suoi passi e afferma di non essere più convinto che si tratti di un virus naturale.

Poi, pochi giorni fa, arriva la vera e propria bomba: una ricerca pubblicata da un virologo norvegese e da un oncologo britannico di fama internazionale che ammettono e rivelano che il coronavirus sia stato creato oltre ogni ragionevole dubbio nel corso di esperimenti sulle cosiddette mutazioni attivanti, ossia è stato attivato il genoma di un virus per ottenerne di proposito di più infettivi.

Partendo da un coronavirus prelevato in una grotta con pipistrelli gli scienziati avrebbero ottenuto la nuova proteina Spike che lo ha trasformato nel Sars-Cov2 all’origine della pandemia. Questo virus, dicono gli scienziati, non ha antenati naturali credibili.

Questa è la nuova verità che sta emergendo.

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