“Vaccino, un algoritmo per stanare gli anziani non immunizzati”: è una notizia questa della quale si parla già da alcuni giorni. Tale notizia segnala come ormai siamo entrati a tutti gli effetti nel nuovo ordine del controllo biopolitico permanente. Questo nuovo ordine coincide con la figura estrema di quello che è stato giustamente definito “il capitalismo della sorveglianza”. Più precisamente di una sorveglianza che è ormai sopra e sotto la pelle dei cittadini ridefiniti come sudditi.
Desidero invece portare l’attenzione su un verbo che già da tempo è divenuto ordinario e che pure dovrebbe far suonare in noi un campanello d’allarme. Il verbo in questione è il verbo stanare. Sin dall’epifania del coronavirus, tale verbo ha preso ad essere utilizzato con una certa inquietante disinvoltura. Si tratta di un verbo niente affatto neutro, legato a esperienza novecentesche decisamente poco edificanti, per non dire apertamente orrende.
Fin dalla primavera del 2020 si parlò disinvoltamente dell’esigenza di stanare casa per casa i contagiati. Adesso, a un anno di distanza, come se nulla fosse si propone di andare a stanare i non ancora vaccinati per poterli sottoporre al nuovo sacramento del vaccino anti Covid.
La domanda da porre è la seguente: che cosa si nasconde dietro un ordine che pretende di stanare i cittadini sempre più trattati come nemici e disertori? Non è forse vero che il verbo stanare rimanda fin troppo nettamente al campo semantico della guerra?
L’ho detto e lo ridico: il linguaggio che viene utilizzato non è mai neutro, né innocente. Al contrario nel linguaggio impiegato si cristallizza il senso profondo dello spirito del tempo. Lo spirito del tempo che stiamo vivendo si lascia anzitutto inquadrare nel segno di una riorganizzazione autoritaria del modo di governare le cose e le persone.
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