L’ora della resa dei conti. E’ fissata per giovedì 8 luglio la prima udienza al Tribunale Civile di Roma: ad essere chiamati in causa dagli avvocati dei familiari delle vittime Covid sono la Regione Lombardia, il Ministero della Salute e il Consiglio dei Ministri, per cui secondo il legale Consuelo Locati si riscontra impreparazione ed una serie di ritardi nei provvedimenti di contenimento dei primi casi di Covid-19 in Italia.
Casi che potrebbero anche non essere stati i primi in assoluto, visto che è notizia di questi giorni il mancato tamponamento di quello che potrebbe essere a tutti gli effetti il vero “paziente 0”, con sintomi che sono affiorati in anticipo di circa un mese da quando Codogno è risalita alla ribalta delle cronache.
Una causa civile poiché chi deve difendersi è un’istituzione, e andare sul penale (benché si parli di morti) sarebbe cosa ben più complicata. Ciò non toglie il fatto che “una transazione per gli errori fatti” ai parenti delle vittime potrebbe essere sentenziata ai danni delle parti chiamate in causa: un epilogo che mai riparerà la gravità degli errori commessi – qualora ve ne fossero – ma che sbiadirebbe la tenebra di quei mesi difficili da dimenticare.
L’Avv. Consuelo Locati ci ha detto di più a ‘Lavori in Corso’.
“Siamo arrivati al momento in cui le istituzioni dovranno dare conto ai cittadini delle proprie azioni. Avremmo voluto non arrivare onestamente ad adire un tribunale, perché sarebbe stato normale che le istituzioni rendessero conto di quello che hanno fatto o non hanno fatto in maniera molto naturale. Questo di fatto non è successo, per cui adesso risponderanno davanti a un magistrato.
Ci siamo sentiti dire per 10 mesi che nessuno sapeva che il piano pandemico nazionale era obsoleto; in realtà abbiamo visto e letto dai verbali della task force che da gennaio si era sollevato questo problema e si era dato atto che bisognava metterci mano per adeguarlo perché non eravamo pronti.
Noi abbiamo sollevato anche la questione della responsabilità, in particolare di Regione Lombardia a partire dalla mancata chiusura definitiva dell’ospedale di Alzano Lombardo e la mancata istituzione della zona rossa nella bergamasca e nel bresciano.
Anche qui abbiamo rilevato una violazione di quello che è previsto dal piano di prevenzione regionale che era in vigore anche nel gennaio 2020 e che prevedeva che al primo caso di trasmissione interumana di un virus bisognasse isolare immediatamente il caso e provvedere al tracciamento e alla sorveglianza.
Questo evidentemente non è stato fatto. Tra le altre cose è notizia di pochi giorni fa: presumibilmente il primo caso potrebbe anche non essere stato quello di Codogno e i due casi accertati di Alzano Lombardo, ma avrebbe potuto essere individuato anche un precedente caso addirittura un mese prima.
Questo signore presentava sintomi individuabili come Covid e non è stato sottoposto a tampone nonostante il 26 di gennaio vigesse quella circolare del Ministero della salute del 22 gennaio 2020 in cui si obbligava di fatto a sottoporre a tampone chi presentava quegli stessi sintomi di quel signore poi ricoverato in ospedale“.