In queste ore sentiamo tanto parlare di Cuba e assistiamo alle mielose dichiarazioni americane sui diritti civili. Credo sia opportuno raccontarvi una storia come dimostra come gli americani non abbiano mai voluto risolvere la situazione cubana, al contrario hanno indotto la crisi e la deriva autoritaria dei governi cubani. Una storia, quella che vi racconterò, che mi ha commosso e fatto riflettere. L’ho definita una sorta di Romeo e Giulietta ai tempi della Guerra Fredda, un mix tra una favola moderna e una spy story americana. È la storia del legame intimo tra Lisa Howard, una giornalista della ABC, e Fidel Castro, che si è consumata negli anni più acuti della Guerra Fredda. La donna era stata inviata a Cuba per un documentario che doveva essere critico sul regime cubano. La giornalista contestava gli sviluppi della rivoluzione cubana. Pare che Cupido fosse intento a giocare con le sue frecce, rischiando di cambiare il corso della storia dei due Paesi.
La Howard, dopo aver incontrato Castro e aver passato diverse giornate con lui, cominciò a pensare che non fosse il tiranno che le avevano descritto e che avrebbe dovuto raccontare. Si rese conto che molte delle azioni che venivano contestate a Castro, altro non erano che le reazioni ai blocchi statunitensi e alle azioni messe in campo dagli apparati Usa. La giornalista si convinse che la rivoluzione cubana dovesse tornare ai suoi principi iniziali, abbandonando la deriva comunista. Temeva che opponendosi agli Usa, Fidel potesse rimanere distrutto. Era convinta che il compromesso con gli Usa fosse indispensabile e non rimandabile. Decise di impegnarsi in prima personale per promuovere il dialogo tra Castro e gli americani. Lei stessa definì il regime cubano “una dittatura che aveva tradito il suo spirito iniziale” ma era assolutamente convinta che la chiave di volta fosse riuscire a riprendere le relazioni con gli Stati Uniti. Incredibile come la Howard avesse capito sessant’anni fa quello che gli analisti non hanno capito ancora oggi sul fallimento della rivoluzione cubana e sulla deriva autoritaria intrapresa da Fidel.
Al suo ritorno negli USA fu immediatamente convocata dal vicedirettore della CIA al quale assicurò che avrebbe potuto fare da tramite tra l’amministrazione americana e il leader cubano se solo il Governo glielo avesse permesso. Era certa dell’intenzione di Fidel di arrivare ad un confronto pacifico. La risposta fu inviata al presidente Kennedy eppure, purtroppo, proprio in quel periodo di trattative Kennedy fu assassinato. Era la fine di ogni possibile proseguimento di quel tentativo.
La successiva amministrazione Johnson adottò una netta chiusura ad ogni avvicinamento con Cuba. La Howard decise di andare avanti bypassando i canali ufficiali ma fu licenziata dalla ABC e nessun altro grande network volle assumerla e le fu fatta terra bruciata intorno. Andò in depressione, fu ricoverata in una clinica e dopo essere tornata a casa per festeggiare il giorno dell’indipendenza fu trovata morta e la morte catalogata come suicidio dopo l’assunzione di pillole anti-depressive.
Oggi leggiamo che gli USA sono preoccupati per la deriva autoritaria di Cuba e del suo Governo: provate a chiedergli di togliere l’embargo e vedere cosa vi rispondono. La mentalità imperialista è sempre la stessa e la racchiudo in una frase: “Fai quello che dico io, ma non fare quello che faccio io, altrimenti finisce male”.
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