Occorre avere l’onestà, ancor prima del coraggio, di dirlo apertamente: il green pass è un’infame pratica ricattatoria, indegna di un Paese civile e democratico. Si tratta di una pratica discriminatoria oscena, che merita il massimo disprezzo e la massima opposizione da parte della comunità dei cittadini che ancora si riconoscano nella democrazia, libertà e Costituzione. Cittadini che non siano disposti a piegarsi allo squallore infinito del nuovo leviatano tecno-sanitario. In particolare giova ricordare l’ovvio: i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione, dal diritto di circolazione e assemblea, non sono vincolati da passaporti. Un diritto non è una gentile concessione revocabile a comando ma una conquista che nessuno può toglierci e che deve essere difesa in ogni modo. Chi ci propone un green pass per riottenere diritti, dalla libertà di spostamento all’accesso ai luoghi pubblici, ci sono garantiti dalla Costituzione, è un malfattore e ugualmente lo è chi prova a giustificare un tale abominio nel nobile nome della scienza. Non vi è virus per il quale si possano mettere in congedo la libertà, i diritti e la Costituzione. Una scienza che ce lo chiedesse non sarebbe scienza ma squallida ideologia, proprio come quella che giustificava l’infame dottrina della razza o l’eugenetica.
Come sono stati possibili i lager nazisti? “Facendo finta di nulla” rispondeva Primo Levi, accettando in silenzio e con passività. Ormai dovrebbe essere chiara a tutti la mistificazione del nuovo ordine terapeutico. Hanno trasformato la società in una clinica, i cittadini impazienti sottomessi a prescrizioni mediche corrispondenti ad altrettante norme repressive. Cure, terapie, virologi compiono l’esodo dall’ambito ospedaliero e vanno ad occupare lo spazio della società, che è stata definita come una clinica di malati che devono sottoporsi alla volontà del medico. Nel quadro disarmante non vi sono più cittadini autonomi, soggetti di diritto che decidono della loro esistenza. Oggi in loro luogo vi sono pazienti da curare della cui vita decidono gli esperti in camice bianco. La condizione del libero cittadino è spodestata ed è spodestata da quella del malato che dipende in toto dalle cure del medico per la garanzia della propria salute. Non è la prima volta nella storia che la medicina si fa ancella ideologica della politica. Come ha ricordato Roberto Esposito nel suo studio “Bios”, in relazione al regime nazista, se il potere ultimo calzava gli stivali delle SS, l’auctoritas suprema vestiva il camice bianco del medico.
In quanto tutti potenzialmente malati asintomatici, gli uomini sono precipitati in un limbo che li vede destinatari del tampone, del test sierologico, del vaccino, della misurazione della temperatura corporea. Il suddito della nuova lockdown society, deve essere sempre pronto ad esibire i propri certificati in regola e si trova di fatto privato di libertà inalienabili. Non vi è quasi più alcun diritto che non possa essere sequestrato in nome della protezione della vita. Insieme, il nuovo suddito è soggetto a sempre nuovi obblighi. Nel deserto generale, la notizia buona è che i francesi non accettano in silenzio: stanno già iniziando a rivoltarsi contro l’infame regime terapeutico imposto dal blocco oligarchico transnazionale che ha chiesto il pass vaccinale obbligatorio. Significativo che sia partito in Francia il 14 di luglio: viva la Francia, che in nome della propria storia si ribella in nome della libertà e della dignità umana. La Francia impartisce ancora una volta una lezione ai popoli europei: quando la dignità e la natura umana vengono calpestate, non si può tacere, occorre reagire.
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro