Gli intellettuali sono i cani da guardia del potere: le tragedie del presente sono loro responsabilità

Il mio maestro Costanzo Preve diceva che la nostra è la prima epoca in cui gli intellettuali sono decisamente più sciocchi delle persone comuni. Ne stiamo avendo triste conferma a in questi giorni con il sepolcrale silenzio della classe intellettuale che quando non tace direttamente elogia la tessera verde come prova di maturità scientifica e responsabilità sociale. Il fatto che proprio in queste ore intellettuali con guinzaglio più o meno lungo si prodighino nel fustigare senza pietà quanti non giurino fedeltà con la tessera verde al leviatano tecno-sanitario ne è la prova. È altresì la prova incontrovertibile del tradimento degli intellettuali ormai decaduti a semplici chierici al servizio del blocco oligarchico neo-liberale. Quest’ultimo li ripaga per il servizio con visibilità permanente e con adeguata celebrazione mediatica nel tempo delle masse tecno-narcotizzate e della sostituzione del reale con il mediatico. Farebbe ridere se non facesse piangere.

Pierre Bourdieu diceva che gli intellettuali sono la parte dominata della classe dominante. Sono di diritto parte della classe dominante dacché hanno un capitale culturale, sono però dominati dalla classe dominante in quanto, per poter campare, debbono pur sempre vendere ai dominanti quel capitale culturale. Tale capitale culturale dunque deve sempre di nuovo garantire ideologicamente la tenuta dei rapporti di forza dominanti. Insomma per poter vendere quel capitale culturale ai dominanti è necessario che quel capitale culturale sia di gradimento per i dominanti e che dunque giustifichi il loro dominio. L’assordante silenzio odierno rispetto all’intollerabile presentato come necessario da parte del ceto intellettuale è l’imperdonabile prova della responsabilità del ceto intellettuale rispetto alle tragedie del presente.
Di più conferma che gli intellettuali sono oggi, nella loro massima parte, i cani da guardia del potere. Loro che eppure erano sorti gloriosamente come categoria sociale con l’Affaire Dreyfus come avanguardia delle emancipazioni della lotta contro l’ingiustizia, ebbene sono oggi decaduti a semplici mandarini dello status quo, a meri sofisti del nuovo antro platonico, pronti a giustificare intellettualmente il perpetuo asservimento e l’interrotta egemonia delle ombre proditorie sulla realtà vera.

Il potere al tempo del capitalismo assoluto e totalitario si forma in effetti sull’apostolato laico del clero regolare giornalistico e del clero secolare accademico-intellettuale. Sono questi i gruppi che Costanzo Preve, in un suo fortunato libro, ebbe ad appellare il nuovo clero. Non più dunque il vecchi clero dedito al sacro e al celibato, bensì un nuovo clero nichilista, post-moderno, orientato al godimento deregolamentato del nuovo ordine erotico. Del resto la fede del nuovo clero accademico al servigio dei mercati e delle classe dominanti non è più la fede religiosa nel sacro e nel trascendente, è al contrario la fede nella scienza o meglio nell’ideologia scientifica come granitica certezza dogmatica indubitabile che non fa altro che sacralizzare i rapporti di forza così come sono. Scienza economica in primis, come teologia della disuguaglianza sociale, scienza medica in secundis, come nuova ideologia di glorificazione del grande reset e del capitalismo terapeutico oggi in fase di definizione.

Dobbiamo allora immaginare il clero intellettuale come un immenso banco di sardine, sardine che si muovono seguendo le correnti del politicamente corretto a beneficio dell’aristocrazia finanziaria e dei nuovi gruppi dominanti nel turbocapitalismo senza frontiere. Per questo se si vuole realmente uscire dall’antro platonico e tornare alla libertà è necessario essere non già sardine che seguono passivamente le correnti bensì salmoni che attivamente le risalgono con fatica. Il salmone procede controcorrente non per il vezzo di essere contro bensì per andare a deporre le uova, cioè per permettere alla vita di generare la vita. D’altro canto solo ciò che è vivo può risalire le correnti, ciò che è morto si lascia passivamente trasportare. Non abbiamo allora oggi bisogno d’intellettuali nel senso prima chiarito abbiamo vitale bisogno di teste pensanti, teste pensati che si uniscano e gramscianamente intrepretino la massa popolare nazione sofferente e i suoi bisogni, che creino connessioni sentimentali e unione sinergica di teste e di pance, di cervelli e di cuori. È la sola speranza per produrre una nuova sintesi tra l’umanità pensante e l’umanità sofferente. Una nuova sintesi che faccia da base per un auspicabile moto di emancipazione anticapitalistica e di lotta contro il nuovo potere tecno-liberista.

RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro