La compressione della libertà e dei diritti è la loro risposta alle crisi: gli interessi sono evidenti

Dobbiamo al genio di Michael Focault l’intuizione fondamentale secondo cui l’ordine neoliberale non attraversa accidentalmente delle crisi ma si fonda strutturalmente sulle crisi. Vivere pericolosamente è il fondamento dell’ordine neoliberale che vive in e per la crisi. In questa luce si spiegano le tre grandi crisi che hanno attraversato il mondo dopo l’annus horribilis del 1989.
La prima fu la crisi terroristica dell’11 settembre 2001 con l’annesso trionfo del capitalismo delle armi.
Venne poi la volta della crisi economia, nel 2007 con conseguente la grande recessioni con annessa apoteosi del capitalismo finanziario e bancocratico.
La terza fu poi la crisi sanitaria legata all’emergenza epidemiologica e la crisi sanitaria perpetua a partire del 2020. Ne conseguì la vittoria del capitalismo e-commerce, digitale, del big pharma e della shut in economy. In questa prospettiva chiede di essere interpretata la vicenda legata al Covid-19.
Non bisogna arrestarsi alla superficie del discorso medico-scientifico poiché esso è parte integrante del dispositivo proprio della crisi e della sua trasposizione dell’elemento sociale, politico ed economico nel piano apparentemente neutro della datità obiettiva del reale e della sua presunta valutativa analisi scientifica.

Ebbene le tre crisi, militare, finanziaria e sanitaria, non soltanto mettono a nudo l’essenza del capitalismo dei disastri, come appellato da Naomi Klain, ossia la duplice tendenza a produrre disastri sociali, ambientali ed economici e poi a pascersi del medesimi volgendoli a proprio favore. Le tre crisi mostrano limpidamente come il blocco oligarchico liberale non sia monolitico ma segmentato, suddiviso in gruppi eterogenei.
Nel 2001 prevalse il segmento del capitale legato alla produzione di armi e al loro impiego nella nuova infame Global War on Terrorism, combattuta dalla monarchia del dollaro contro chiunque non si sottomettesse docilmente all’americano-sfera.
Nel 2007 fu la volta del segmento connesso ai gruppi del capitale bancario e finanziario: essi celebravano rapinosamente il proprio trionfo appellando crisi, il loro assalto ai risparmi dei ceti medi e popolari e il loro keinesismo rovesciato atto a salvare con i pubblici denari le banche proclamate troppo grandi per poter fallire.
Infine nel 2020 venne la volta del capitalismo del big pharma, dei colossi del commercio telematico connesso alla shut in economy e al grande capitale big tech. L’intera società divenne in un batter baleno una grande clinica di malati da curare e vaccinare, ai quali vendere merce a distanza mediante la tecnologia digitale.

Peraltro, il fatto al cospetto di emergenze e di crisi tanto diverse sotto ogni profilo, la nuova ragione neoliberale del mondo prospetti sempre le stesse soluzioni, compressione delle libertà e dei diritti in nome della sicurezza, velocizzazione dei processi sovranazionali, accensione di nuovi debiti pubblici e privati: tutto questo dovrebbe valere ad attivare le ragioni del dubbio socratico e del pensiero critico. Chiediamoci allora seriamente perché oggi si insista con tanta enfasi ad esempio sui cicli ininterrotti di benedizione di massa del sempre laudando siero in secola saecolorum.
Perché il capitalismo insiste così tanto addirittura proponendo l’infame tessera verde del ricatto e della discriminazione o proponendo talvolta l’idea stessa dell’obbligo della benedizione di massa, che è sul tavolo della discussione in questi giorni?
Non sarà forse che vi sono ben visibili quelli che Marx definiva gli interessi materiali del capitale?

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro