L’entrata dell’Italia nel sistema Europeo è stata una buona mossa per il nostro paese? Che peso ha avuto all’interno della nostra struttura economica e sociale? L’economista Valerio Malvezzi non cambia posizione al riguardo e ribadisce come il prezzo di questa decisione politica ha avuto un impatto negativo per il mercato italiano e per le stesse ‘tasche’ dei cittadini italiani.
Il professore focalizza in diretta l’attenzione sul fattore risparmio, un elemento che sembra ormai non rientrare nelle corde del paese: “Questi sono i dati: è vero che noi eravamo ricchi con la lira e ora siamo poveri con l’euro. Il dato che si deve tenere in considerazione non è il consumo ma il risparmio perché potrei consumare a debito. Quello che conta è la capacità di risparmio“.
Insieme al suo gruppo di ricerca, Valerio Malvezzi ricostruisce l’andamento della variazione dei salari medi annui a partire dal 1995 fino ai giorni nostri e, grafici alla mano, evidenzia come (anche e soprattutto dopo la pandemia) l’Italia ha avuto un calo economico talmente cospicuo da colpire anche la possibilità di un dignitoso e possibile risparmio della popolazione.
“Tutto ciò che ha comportato l’entrare gradualmente nell’Unione Europea e prima ancora creare il divorzio tra la Banca Centrale e il Ministero del tesoro (cioè fare le politiche neoliberiste) per cui oggi lo Stato non compra più i titoli dei debito pubblico ma li andiamo a collocare sul mercato privato, ha avuto un costo pesante. Da chi è stato pagato il prezzo di quella decisione politica nel 1981 in Italia? E’ stato pagato dalle famiglie italiane, le quali queste cose non le sanno. Questi sono i dati: è vero che noi eravamo ricchi con la lira e ora siamo poveri con l’euro. Il dato che si deve tenere in considerazione non è il consumo ma il risparmio perché potrei consumare a debito. Quello che conta è la capacità di risparmio”.
Grafici: L’emblema del declino italiano proprio (dal punto di vista dei salari)
Variazione del salario medio reale dal 1995 al 2020: “Qui c’è un dato emblematico (a parte la Spagna, per la quale è andata peggio di noi) l’unico paese europeo che ha avuto i salari bloccati al palo su una serie storica di 25 anni è l’Italia. Cioè rispetto a tutti gli altri paesi, lo stipendio annuale dei lavoratori negli ultimi 25 anni è rimasto invariato dal 1995 al 2020. Altri paesi, come ad esempio il Belgio, hanno fatto il 25% di aumento. Inoltre la Polonia ha fatto oltre il 95% di aumento rispetto ai salari che erano in quel paese nella metà degli anni ’90. Gli stipendi italiani, entrando nell’euro, sono rimasti al palo”.
Variazione del salario medio annuo reale rispetto al 2019: “Cosa è successo dopo la pandemia? Mentre alcun paesi hanno avuto una variazione in aumento del salario medio annuale, ci sono altri paesi che hanno avuto una riduzione prima della pandemia e dopo. Ci sono alcuni paesi come la Spagna, la Francia e in misura minore la Germania e in piccola misura l’Olanda che hanno avuto dele contrazioni significative attorno al 2,50% e ci sono paesi come l’Irlanda, di nuovo la Polonia e soprattutto il Lussemburgo e la Finlandia che hanno avuto il 3,50% e/o quasi 5,50% in più tra un anno e l’altro. E poi c’è il paese che si chiama Italia che ha avuto il 6,50% di perdita di variazione del salario reale medio rispetto alla situazione pre-pandemica”.
Risparmio delle famiglie italiane su reddito disponibile (1995-2019): “Nel 1995 era oltre il 16%, oggi è il 2%. Quanto riesco a mettere da parte? Una famiglia che aveva 1000 euro di reddito medio di famiglia nel 1995 in equivalenza, risparmiava del 16% cioè 160 euro. Oggi quella famiglia con 1000 euro riesce a risparmiare 20 euro. Questa è la differenza”.