Qualche giorno addietro è intervenuto in Senato il filosofo Giorgio Agamben. Lo ha fatto prendendo posizione intorno al tema del Green Pass. Come sappiamo Giorgio Agamben è stato da subito la voce più lucida nel contestare e demistificare il nuovo ordine che stava prendendo forma. Da subito ha mostrato come quella che stiamo vivendo più che un’emergenza sanitaria è in realtà il laboratorio di produzione dei nuovi assetti politici, sociali ed economici per l’avvenire.
Nel suo intervento in Senato Giorgio Agamben ha, tra l’altro, notato una cosa interessante: l’infame tessera verde non è il mezzo, ma il fine. Potremmo dire che non serve in vista delle benedizioni di massa col sempre laudando siero. Al contrario, sono le benedizioni di massa che servono in vista dell’imposizione dell’infame tessera verde. Quest’ultima, come ho provato a chiarire nel mio libro “Golpe globale. Capitalismo terapeutico e grande reset”, è il nuovo lasciapassare del suddito del Leviatano tecnosanitario. Il nuovo suddito del Leviatano tecnosanitario è controllato sempre e comunque, tracciato nei suoi spostamenti e sempre di nuovo sottoposto a benedizioni aggiornate.
Espressione di una società a controllo totale e di quello che è stato detto il “capitalismo della sorveglianza”, l’infame tessera verde – come suggerito da Agamben – è un dispositivo destinato a fare scuola e a diventare parte integrante di quella nuova normalità che si fonda sull’emergenza perpetua assunta come metodo di governo delle cose e delle persone.
RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro