La scienza e la medicina da sole non bastano per comprendere ciò che sta accadendo da due anni a questa parte. La medicina e la scienza sono importanti ma non bastano per rendere conto della vita, del senso delle cose e di questa emergenza.
Bisognerebbe affidarsi anche alla poesia, alla letteratura, all’arte e alla filosofia. Sarebbe necessario allora rileggere il romanzo di Ken Kesey “Qualcuno volò sul nido del cuculo” del 1962. Il tema è noto forse principalmente per la sua resa filmica grazie ad una spendita di Jack Nicholson. Le vicende si svolgono in un ospedale psichiatrico, lì i pazienti conducono vite all’insegna dell’insensatezza infantile e sono sorvegliati dispoticamente in maniera totalitaria dalla grande infermiera. Il protagonista Jack Nicholson, nella pellicola, matura da subito posizioni ribelli e poco conformiste, non disponibile ad accettare le cose come sono. Si adopera in ogni modo per liberare gli internati, lo fa esortandoli a non rispettare le norme dell’Istituto e volte solo a far soffrire gli internati. Alla fine riesce a restituire alla libertà gli internati dell’ospedale anche se il finale ha un aspetto tragico.
Il protagonista scopre dolorosamente che i prigionieri non sono tali contro la loro volontà, al contrario tutti accettano la propria condizione di cattività con un oscuro desiderio di servire dacché hanno paura del mondo esterno e di ciò che la vertigine della libertà comporta. Preferiscono insomma la quieta servitù disciplinata della grande infermiera alla pericolosa libertà del mondo esterno. Si tratta di una splendide immagine del totalitarismo e forse anche della situazione presente che stiamo vivendo.
Gli uomini non sono solo privati della libertà ma desiderano esserlo, scegliendo le ragioni della sicurezza. Lo schiavo ideale è quello che ama le proprie catene giacché teme la libertà o ne ignora l’importanza vitale. Proprio come nell’ospedale psichiatrico del romanzo si ha a che fare con un istituto certamente totalitario, dispotico e repressivo ma che viene percepito come tale da garantire sicurezza, protezione, sia pure in termini di perdita della libertà dei diritti fondamentali e financo di tutti quegli elementi che concorrono a fare della vita qualcosa degno di essere vissuto.
Vi sono gli elementi essenziali per ragionare sulla nostra situazione, forse siamo da due anni tutti internati in un grande ospedale psichiatrico apparentemente amorevoli della Grande Infermiera che con la promessa di sicurezza e protezione ci sta condannando ad una vita non degna di essere vissuta priva della libertà e delle condizioni fondamentali del vivere che sole possono rendere una vita degna di essere vissuta.
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