Mi siano concesse alcune riflessioni rapsodiche intorno al G20 che si è svolto in questi giorni a Roma. A partire dall’essenza stessa del G20, esso è il ritrovo periodico nel quale il padronato cosmopolitico sans frontières e i suoi maggiordomi governativi senza animo si danno convegno in località di volta in volta diverse e con un obiettivo molto chiaro: fare il punto sulla loro agenda e sui loro interessi di classe al di là dell’interesse nazionale dei ceti medi e delle classi lavoratrici, al di la delle specifiche sovranità nazionali.
Come sappiamo lo stato nazionale, al tempo della globalizzazione in cui sovrano è soltanto il mercato, diventa semplicemente uno strumento nelle mani dei gruppi dominanti, diventa una nuova forma di gestione dell’economia globale per il mezzo dei governo locali. Vorremmo dirlo con Michel Foucault, lo stato neoliberale è quello che governa non il mercato bensì per il mercato.
Questi ritrovi periodici avvengono a porte chiuse senza nessuna possibilità dei descamisados della globalizzazione di intervenire o anche solo di ascoltare in presa diretta le decisioni che gli oligarchi della plutocrazia capitalista prendono sempre a nocumento di lavoratori e ceti medi. Insomma si tratta del periodico raduno di dominanti e per i dominanti che non tollerano partecipazione popolare e ancor meno eventuali contestazioni. Il G8 di Genoa resta sotto questo riguardo l’exemplum insuperato della barbara violenta sorda del potere al cospetto di chi osi contestare la globalizzazione turbocapitalistica. Voglio segnalare tre aspetti tra i tanti possibili.
In primis il fatto che si sia detto, in maniera risibile, che fosse opportuno prendere le distanze dal luogo in cui si teneva il raduno, l’Eur quartiere romano con reminiscenze fasciste che la nuova cancel culture vorrebbero abolire, sopprimere, cancellare. In secundis si noti che il vegliardo arcobalenico Joe Biden si è presentato al corteo con 85 auto blu, lui che fa la predica a noi su quanto siamo retrogradi andando in Panda al lavoro e inquinando l’ambiente. Terzo punto che voglio sottolineare è il seguente: il presidente cinese Xi Jinping e il russo Vladimir Putin erano assenti o meglio collegati in forma debole, a distanza, ciò a sottolineare apertamente la propria distanza dalla globalizzazione capitalistica a trazione atlantista.
È da sperare che Cina e Russia diventino un blocco di aggregazione di stati non allineato con la globalizzazione americana, un vero e proprio blocco che in vista di un auspicabile multilateralismo si opponga all’imperialismo connesso alla globalizzazione a stelle e strisce. Il globalismo è un americanismo, la forma contemporanea dell’imperialismo dei mercati. Il G20 non niente altro che il convegno in cui gli imperialisti di tutti il mondo guidati dalla monarchia dell’hamburger decidono delle sorti del mondo intero.
RadioAttività, lampi del pensiero quotidiano – Con Diego Fusaro