L’anno che si sta chiudendo si è caratterizzato come sappiamo con il protagonista che fu anche quello del 2020, vale a dire il Coronavirus, il nemico invisibile. Proprio ora che l’anno sta volgendo al termine sappiamo già dagli annunci ripetuti a tamburo battente dalla cricca dei virologi superstar che anche il 2022 che si accinge a principiare non sarà poi diverso dal 2021 trascorso e dal 2020 annus horribilis in cui cui tutto ebbe inizio.
Voglio leggere la dichiarazione rilasciata da Walter Ricciardi, uno dei protagonisti del nuovo ordine del discorso terapeuticamente corretto, e riportata puntualmente da Adnkronos in data 10 dicembre 2021: “Ricciardi: ‘Covid durerà per tutto il 2022′”. Come durò per tutto il 2021 e come durerà con buona probabilità nel 2023.
L’emergenza, ormai dovrebbero averlo compreso anche i miopi, è la nuova normalità. La normalità che sta prendendo forma ormai da due anni è quella di un’emergenza perpetua con la conseguenza per cui le misure attivatesi con l’emergenza sono divenute esse stesse la nuova normalità. Se con l’emergenza diventa possibile fare ciò che senza l’emergenza non si potrebbe fare, chi ci vieta di pensare che il potere non usi ad hoc l’emergenza esattamente in vista di ciò?
In maniera convergente dobbiamo chiederci seriamente se a due anni di distanza sia lo stato d’emergenza a richiedere le misure dell’emergenza o se siano le misure d’emergenza a richiedere, per poter durare, lo stato d’emergenza. Si potrebbe altresì ragionare sul fatto che è come se ormai da due anni avesse preso forma quello che possiamo qualificare come un doppio stato. Da un lato abbiamo lo stato con la sua costituzione e il suo ordinamento, tuttavia congelato dalla perdurante emergenza, dall’altro abbiamo lo stato dell’emergenza che potremmo ormai appellare lo stato d’eccezione permanente. Lo Stato realmente esistente con la sua costituzione è sospeso in nome dell’emergenza, per governare la quale ha preso forma un altro tipo di stato il cui obiettivo unico è governare nell’emergenza e per l’emergenza, facendo valere su tutti un unico diritto, il diritto alla salute.
Il paradigma dovrebbe essere ormai chiaro: l’emergenza diventa la base di una nuova razionalità politica, sociale ed economica, cosicché per poter proteggere la vita tutto diventa possibile. Non vi è diritto e non vi è libertà che non possano essere sospesi, se tale sospensione viene presentata come volta a contenere l’emergenza.
Il discorso si fa a questo punto non medico-scientifico, ma schiettamente politico-giuridico. Possiamo riconoscere davvero che il diritto alla salute sia prioritario e possa mettere all’occorrenza mettere a tacere tutti gli altri? Non potrebbe essere questo un dispositivo del potere che usa il diritto alla salute esattamente con l’obiettivo di ridurre e limitare gli altri diritti.
Non è forse vero che sta prendendo forma un nuovo leviatano tecno-sanitario che usa l’emergenza perenne e la modalità della protezione della vita come alibi per riorganizzare in maniera autoritaria il potere? Siamo forse in un’emergenza sanitaria o non siamo anche nel quadro di una riorganizzazione autoritaria, un’involuzione verticistica dello stato capitalista? Domande queste che il discorso medico non solo non può risolvere ma che nemmeno solleva. Per questo il discorso del medico, certo importante non può essere esclusivo
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