La censura dei colossi del Web si abbatte sulle inchieste Covid e non solo: nel mirino la libera stampa

Non voglio usare termini complottisti, ma mi rendo conto che quello che sto subendo è una vera e propria persecuzione da parte dei colossi del web. Mi riferisco ad un’intera categoria a cui appartengo. Il 1 gennaio del 2022 mi sono arrivate alcune mail che mi segnalavano che il mio profilo e la mia pagina Facebook ufficiale erano state bloccate. Mi segnalavano che anche il mio canale YouTube era stato bloccato momentaneamente ma che comunque la monetizzazione era stata bloccata a tempo indeterminato.

Mi segnalavano inoltre che non era più possibile fare dirette Instagram sulla mia pagina ufficiale. In pratica mi mettevano il bavaglio in maniera assolutamente immotivata. Era chiaro che nel mirino era finita un’intera categoria: quella dei giornalisti liberi che non sono più nelle condizioni di poter svolgere il proprio lavoro. Io sono iscritto ad un albo, pago la cassa dei giornalisti ma non ho nessuna tutela contro questo tipo di censura. Chi ha scelto di non lavorare con altri editori, per mantenersi libero e indipendente, oggi non può più svolgere il proprio mestiere.

Se i giornali non pubblicano le mie inchieste e se i social mi chiudono i canali è impossibile continuare a lavorare. Sia chiaro: se io scrivessi sui social che non bisogna curarsi ma utilizzare l’anfetamina contro il Covid, ben venga che ci sia un ente regolatore capace di rimuovere post di questo tipo o che inneggiano alla violenza, ma se io pubblico ricerche e dati ufficiali scientifici che forniscono un contraddittorio alla narrativa dominante, se io riprendo sui mei canali gli interventi non allineati ed interventi che sono andati in onda su canali televisivi, non è possibile che questo tipo di post venga rimosso e che questo mi causi il blocco totale delle mie pagine.

Questo non è possibile. Questo vuol dire non essere più messi nelle condizioni di lavorare. È chiaro che nel mirino è finita la libera informazione. Pensate che mi hanno rimosso un post in cui mettevo a confronto due articoli di giornale in cui Conte faceva due dichiarazioni opposte tra l’anno prima e quello dopo.

Per l’assurdità dei post che mi hanno censurato mi sono potuto rivolgere all’avvocato Claudio Di Napoli, specializzato in questo settore, e proveremo insieme a creare un precedente giuridico contro questo tipo di censura perché non si può davvero più andare avanti così. Questo atteggiamento non può assolutamente essere tollerato. Questa volta, ad andare in quarantena, è proprio la democrazia.

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