Quando giurò nel ’91 forse sarebbe stato difficile anche solo immaginare uno scenario del genere per Dennis, poliziotto sospeso e senza stipendio con una moglie malata. Quest’ultimo aspetto può far suscitare facili giudizi in chi legge, forse perché nell’epoca in cui l’annullamento dell’individualità in favore della collettività viene incoraggiato, la considerazione della Costituzione come via maestra per il bene comune è al minimo storico.
La sospensione è arrivata nel modo più tristemente beffardo: doveva essere in aspettativa per gravi motivi, con una moglie con un cancro “e non hanno avuto nessuna remora a sospendermi“.
Avete capito bene: poco importa se Dennis non sarebbe dovuto salire su una volante né prestare, almeno al momento, servizio accanto ai colleghi. Non avrebbe potuto ledere in alcun modo la salute di nessuno. Galeotto fu il giorno di richiesta: solo dopo il 26 novembre (giorno in cui scatta l’obbligo vaccinale per la categoria) l’avrebbe resa nota il poliziotto, così la burocrazia ha giocato sporco. Peccato che il “ritardo” nella richiesta sia dipeso da un motivo molto semplice: nessuno può sapere quando il cancro torna a farsi sotto. Ma ai sepolcri imbiancati delle leggi fini a se stesse questo non interessa.
“Ho lavorato finché ho potuto per non venir meno al dovere d’ufficio“, dice rammaricato, “ma questo ha giocato contro il mio interesse. Io non ho mai guardato l’interesse personale, ma sempre quello dell’amministrazione: ragionare così mi ha giocato contro perché avrei dovuto chiedere già un anno fa l’aspettativa speciale per gravi motivi, invece ho tenuto conto di dover lavorare senza abusare di quegli istituti che lo Stato ci permette di utilizzare quando si è in una condizione di malattia“.
Sperare in un lieto fine assume, nella vicenda di Dennis, un significato ben più ampio. Perché nessuno vorrebbe vivere in uno Stato dove ragionare in modo virtuoso viene punito.
Sentite le sue parole ai microfoni di Stefano Molinari.
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