Oggi l’imprenditore viene visto nella realtà politica e amministrativa come un soggetto sul quale fare gravare la più parte dell’onere di sostenimento della macchina pubblica. Ma quanto rimane dell’utile prodotto nelle tasche dell’imprenditore? Quanto deve dividere l’imprenditore con il socio occulto che chiamiamo ancora impropriamente Stato? Da una ricerca condotta nello scorso anno presso l’associazione Afim, da un documento dal titolo “Prelievo fiscale e contributivo”, risulta una media e una mediana del prelievo prossima al 51%.
Esiste una discrasia tra quello che viene detto nei documenti ufficiali, il prelievo fiscale italiano è del 42%, è quello che risulta invece presso gli addetti ai lavori. Uno dei problemi più gravi che purtroppo devono affrontare i commercialisti tributaristi è proprio questo: quanto rimane dell’utile spendibile all’impresa. Ebbene, 38 liberi professionisti italiani mi hanno dato questo documento nel quale risultava lo scorso anno la media e la mediana del prelievo. Le piccole e soprattutto le micro-imprese questi strumenti non li hanno. Quindi significa che pagano circa metà del loro utile allo Stato.
La morale quindi è: le tasse non sono pagate da tutti nello stesso modo.
Malvezzi Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi
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