Lo Scatto ▷ Il paradosso di Zaniolo

Diciamo che i numeri, ammesso che si possa giudicare solo da quelli, sono piuttosto severi: due gol e, soprattutto, due assist in Serie A nella stagione in corso.
Che Nicolò Zaniolo finisca un giorno sì e l’altro pure sul banco degli imputati non sorprende; fa però riflettere che sia diventato imputabile da subito, sin da quando Mancini lo catapultò sulla ribalta nazionale – in tutti i sensi – con quella prima sorprendente convocazione. Ah, Mancini, lo stesso CT che dopo Turchia – Italia lo ha severamente rimbrottato accusandolo di individualismo esasperato; dopo una sorta di non partita e a meno di una settimana dalla più epocale disfatta della storia azzurra, quindi con un clima surreale nel quale erano giustificati solo i complimenti per chi a Konya ha fatto qualcosa di decoroso, come Raspadori, non per chi a Palermo non ha avuto colpe, non essendo sceso in campo.

Ma, tralasciando le parole del CT, volendo un pochino analizzare i toni dei dibattiti che quasi quotidianamente si scatenano attorno al giovane – non più giovanissimo – giocatore nato a Massa e cresciuto a La Spezia, continua a sorprendere l’omissione totale delle attenuanti che gli andrebbero riconosciute, dopo gli anni persi in fase calcisticamente evolutiva a causa dell’infortunio e una riprogrammazione fisica e atletica che necessita di un tempo che tutti davano per scontato nell’estate passata, che in troppi hanno dimenticato appena son cominciate a cadere le prime foglie.

Dovrà limare alcuni atteggiamenti in campo, anche perché attenzionato in modo particolare dai direttori di gara; dovrà mettersi sempre più al servizio della squadra (ma ricordiamoci di scriverlo, quando lo fa, perché in alcune occasioni lo ha già fatto).

L’importante è che si interrompa, nei suoi confronti, quella specie di bipolarismo da commento che fa sì che un giorno Zaniolo venga indicato come il futuro del calcio italiano e quello dopo come uno che avrebbe già bruciato il suo talento. Anche perché, sin da quella prima convocazione di Mancini, hanno tutti parlato di lui e di quello che gli ruota attorno; nessuno, però, ha ancora mai pensato di dargli tempo.

Paolo Marcacci