La novità rispetto alla fine del XIX secolo, quando ebbe luogo un conflitto sociale, è che allora le classi dominate lavoravano per la propria indipendenza e non per la propria schiavitù. La comunicazione manipolatoria della realtà ha avuto buon gioco ad attecchire in un contesto privato del substrato critico avendo eliminato l’umanesimo dal dibattito economico e sociale, avendolo sostituito con un dogmatismo tecnico di presunta superiorità.
La ragione fondamentale per cui io parlo di economia umanistica è questa: vi fanno pensare che le soluzioni economiche che sono state adottate siano soluzioni moderne, efficienti e via discorrendo. Efficienti si, per l’accumulazione del capitale a vantaggio di pochi ricchi del pianeta, ma giuste sicuramente no e certamente non moderne. Stiamo parlando di teorie che di fatto risalgono ancora al mondo anglosassone e vittoriano, alla fine del XIX.
La cosa grave è che queste teorie hanno avuto buon gioco ad attecchire in un mondo che è stato privato dei parametri per fare analisi critica. L’umanesimo invece deve essere centrale e nel mio gruppo Telegram rappresento tutta una serie di video finalizzati a parlare dell’anima dell’uomo che è centrale nel processo economico, non in termini religiosi ma andando a studiare tutti i pensieri del mondo che parlano del concetto dell’umanesimo.
Avere tolto l’umanesimo cioè lo studio dei classici, lo studio del mondo umano, del quale certamente l’Italia è sempre stato un faro, ha tolto le categorie di pensiero della critica, quindi vorrebbero trasformarci tutti in una serie di tecnici che poi sono sostanzialmente alla fine dei robot, cioè delle persone che seguono degli ordini in assenza di capacità critica.
Malvezzi Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi