Nonostante i tagli della spesa e della pressione fiscale, la spesa per interessi rimane sistematicamente superiore al c.d. surplus primario, il differenziale tra le entrate e le uscite dello Stato. La via del recupero di somme non riscosso del passato appare più una questione di propaganda che reale. Mi riferisco al recupero delle somme non dovute, per ragioni bancarie, ma parlo di quelli fiscali.
Occorre considerare come centrale il tema della pressione fiscale teorica, diversa da quella reale, ammonta a circa il 42%, questa ripartita in circa in 9,65 sul capitale, 11,1 sul consumo e circa il 21% sul lavoro. Questa è un’elaborazione su dati Eurostat.
Noi viviamo in un mondo distopico nel quale esiste il mondo politico e giornalistico che non sanno nulla di economia perché non la fanno tutti i giorni e non esiste nulla di peggio di chi insegna quello che non sa fare. Io mi occupo di quello che faccio professionalmente. L’altro mondo che decide l’economia, la classe politica, non ha la sensazione che sta perdendo il primo mondo? Con una pressione fiscale che ho descritto e per la componente del costo del lavoro, le imprese non stanno più in piedi. Soprattutto nelle epoche drammatiche che stiamo vivendo.
Eppure si fa finta che nulla stia succedendo, che le aziende non siano per quasi la metà in difficoltà al punto di dover ridurre le produzioni, come se non ci sia una disoccupazione galoppante e come se non fossimo in stagflazione. Io credo che tutto questo sia il senso della miopia della nostra classe politica e che io mi aspetto continuerà ad andare avanti proseguendo a parlare di slogan, teorie e cose che nulla hanno a che far con l’economia normale.
Malvezzi Quotidiani, pillole di economia umanistica con Valerio Malvezzi