La profezia di Ratzinger su Putin: l’intrigo dietro la sua caduta, le parole a sorpresa sulla Russia

La resistenza estrema di Ratzinger e della Chiesa da lui guidata alla voragine nichilismo dilagante, si misurò non solo dal suo magistero filosofico-teologico che era incardinato sulla tradizione, ma anche dalle posizioni tutto fuorché allineate in ambito geopolitico. Le posizioni di Ratzinger erano un segnalatore decisivo dell’indisponibilità della sua Chiesa alla normalizzazione nichilista. Emblematica fu l’elegante , quanto spietata, stroncatura del Presidente Obama, icona globale del progressivismo neoliberista USA.

Mentre il mondo intero cedeva ad una conformistica esaltazione di Obama, ossia della nuova maschera dell’imperialismo atlantista, Ratzinger non nascondeva il proprio dissenso integrale verso chi incarnava compiutamente lo sfaldamento della famiglia naturale. Altrettanto emblematica fu l’apertura di Ratzinger a Vladimir Putin e a quella Russia che era tornata con forza ad incarnare il principio del multipolarismo e della resistenza all’imperialismo.

Nel 2016 così riferì Ratzinger del proprio incontro con Putin, svoltosi il 13 marzo del 2007. Disse di aver parlato in tedesco e di aver trovato un uomo toccato dalla profondità della fede. È interessante questo aspetto: Ratzinger aveva esaltato la Russia di Putin e l’aveva valorizzata sia sul ruolo geopolitico, il ruolo di grande potenza, sia per il richiamo di Putin alla Chiesa ortodossa e alla trascendenza.

Ratzinger si mostrava consapevole dei rapporti di forza nello scacchiere geopolitico internazionale e sapeva che la Russia di Putin svolgeva il ruolo di fortilizio e di resistenza al nichilismo della globalizzazione atlantista. Putin, lasciava intendere Ratzinger, aveva ben compreso come il conflitto contro il nichilismo globalista attrazione statunitense dovesse di necessità passare anche per il recupero del senso di trascendenza la cui messa in commercio era uno dei principali motivi che spingevano il pontefice Ratzinger a proclamarsi lontano da Obama.

Era alla Russia ortodossa identitaria di Putin più che all’America di Obama che Ratzinger si sentiva vicino. Ratzinger sapeva bene che l’inimicizia tra la civiltà del nulla di marca atlantista e la Russia di Putin poneva uno scontro culturale. Al nulla dell’americanizzazione, della dittatura del relativismo, si opponeva la tendenza tellurica di una Russia indisponibile a lasciarsi ridurre a succursale a stelle e strisce. Fu anche questa la motivazione che determinò l’acuirsi dell’idiosincrasia dei mercati verso il pontificato di

La resistenza estrema di Ratzinger e della Chiesa da lui guidata alla voragine nichilismo dilagante, si misurò non solo dal suo magistero filosofico-teologico che era incardinato sulla tradizione, ma anche dalle posizioni tutto fuorché allineate in ambito geopolitico. Le posizioni di Ratzinger erano un segnalatore decisivo dell’indisponibilità della sua Chiesa alla normalizzazione nichilista. Emblematica fu l’elegante , quanto spietata, stroncatura del Presidente Obama, icona globale del progressivismo neoliberista USA.

Mentre il mondo intero cedeva ad una conformistica esaltazione di Obama, ossia della nuova maschera dell’imperialismo atlantista, Ratzinger non nascondeva il proprio dissenso integrale verso chi incarnava compiutamente lo sfaldamento della famiglia naturale. Altrettanto emblematica fu l’apertura di Ratzinger a Vladimir Putin e a quella Russia che era tornata con forza ad incarnare il principio del multipolarismo e della resistenza all’imperialismo.

Nel 2016 così riferì Ratzinger del proprio incontro con Putin, svoltosi l 16 maggio del 2017. Disse di aver parlato in tedesco e di aver trovato un uomo toccato dalla profondità della fede. È interessante questo aspetto: Ratzinger aveva esaltato la Russia di Putin e l’aveva valorizzata sia sul ruolo geopolitico, il ruolo di grande potenza, sia per il richiamo di Putin alla Chiesa ortodossa e alla trascendenza.

Ratzinger si mostrava consapevole dei rapporti di forza nello scacchiere geopolitico internazionale e sapeva che la Russia di Putin svolgeva il ruolo di fortilizio di resistenza al nichilismo della globalizzazione atlantista. Putin, lasciava intendere Ratzinger, aveva ben compreso come il conflitto contro il nichilismo globalista attrazione statunitense dovesse di necessità passare anche per il recupero del senso di trascendenza la cui messa in commercio era uno dei principali motivi che spingevano il pontefice Ratzinger a proclamarsi lontano da Obama.

Era alla Russia ortodossa identitaria di Putin più che all’America di Obama che Ratzinger si sentiva vicino. Ratzinger sapeva bene che l’inimicizia tra la civiltà del nulla di marca atlantista e la Russia di Putin poneva uno scontro culturale. Al nulla dell’americanizzazione, della dittatura del relativismo, si opponeva la tendenza tellurica di una Russia indisponibile a lasciarsi ridurre a succursale a stelle e strisce. Fu anche questa la motivazione che determinò l’acuirsi dell’idiosincrasia dei mercati verso il pontificato di Ratzinger.

Vi è a tal riguardo un articolo di Germano Dottori: “Perché ci serve il Vaticano”, apparso sul quarto numero di Limes nel 2017. Dottori sostiene che fu questa la vera causa dell’avversione verso Ratzinger da parte dell’ordine globalista. A suffragarlo sarebbero il desiderio espresso dal Pontefice con il patriarcato di Mosca. Chissà forse Ratzinger fu fatto cadere nel 2013 anche per questa sua apertura alla Russia ortodossa.

RadioAttività, lampi del pensiero con Diego Fusaro